Ore di attesa al Brotzu per un intervento urgente
La protesta del padre di un ragazzo cardiopatico: «Quando sento parlare di eccellenza mi indigno»
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CAGLIARI . Ogni tanto gli accade che il cuore acceleri all’impazzata sino ai 150 battiti al minuto, senza un apparente motivo. Una situazione che normalmente può creare apprensione o panico, ma che per M. rappresenta un rischio gravissimo e sulla quale occorre intervenire con la massima tempestività: il 29enne cagliaritano ha una cardiopatia congenita dalla nascita ed è in lista per un trapianto al Sant’Orsola di Bologna da tre anni e mezzo. Sin da quando era neonato è stato seguito dal reparto di cardiologia pediatrica del Brotzu, ma per le emergenze si deve rivolgere a cardiologia adulti al 4° piano dello stesso nosocomio. E ogni volta che succede M. deve affrontare il terrore di non farcela, costretto ad attendere ore per essere sottoposto alla defibrillazione.
Un’operazione che andrebbe eseguita con la massima sollecitudine, come si potrà ben immaginare. Ma così non è: «M. deve sempre attendere un tempo inaccettabile per chiunque – spiega il padre, molto conosciuto in città, dopo l’ennesimo episodio avvenuto ieri – ma in particolare per chi come lui ha una patologia grave come la Recidiva di Flutter atriale, che deve essere immediatamente “cardioconvertita” (termine tecnico per definire il trattamento con il defibrillatore ndc)».
Il padre di M. è disperato, non sa più a che santo votarsi, abituato a essere “seguito in maniera ottimale” da cardiologia pediatrica non si spiega come mai non vengano prese in considerazione “le loro raccomandazioni scritte, in sintonia con quelle del reparto cardiotoracovascolare di Bologna, di agire con la massima velocità. Invece per tre volte è accaduto addirittura che fosse preso in carico dopo ben 15 ore dal suo arrivo in ospedale. Purtroppo il reparto del Brotzu appare ormai in confusione totale». Una situazione, quella di cardiologia, «peggiorata ulteriormente con l’arrivo della pandemia ma che – spiega il genitore di M. – era già grave nel 2019. Non si tratta quindi di un problema legato solo all’emergenza sanitaria. E quando sento parlare di eccellenza della sanità mi incavolo». Ieri è successo di nuovo: il cuore del giovane che comincia il suo pazzo rally, la paura, la corsa verso il pronto soccorso: «Siamo arrivati alle 9,30 – dice il padre – e alle 11,12 M. è stato portato in reparto. Qui è rimasto sino alle 16 con il cuore in subbuglio in attesa dell’esito del tampone molecolare (da rilevare che ha concluso il ciclo vaccinale ad aprile) in una cosiddetta “zona grigia”, una stanza chiusa nella quale non viene effettuato alcun monitoraggio della situazione cardiaca, come sarebbe logico, non si vede passare nessuno, non ci sono servizi igienici. E nemmeno un campanello per chiamare i medici nel caso la situazione precipiti: ieri sentendosi ancora una volta abbandonato e in preda alla paura, per attirare l’attenzione degli infermieri ha dovuto prendere a calci la porta: è arrivato un sanitario che palesemente non sapeva che ci fosse qualcuno in attesa…. (a.palm.)
Un’operazione che andrebbe eseguita con la massima sollecitudine, come si potrà ben immaginare. Ma così non è: «M. deve sempre attendere un tempo inaccettabile per chiunque – spiega il padre, molto conosciuto in città, dopo l’ennesimo episodio avvenuto ieri – ma in particolare per chi come lui ha una patologia grave come la Recidiva di Flutter atriale, che deve essere immediatamente “cardioconvertita” (termine tecnico per definire il trattamento con il defibrillatore ndc)».
Il padre di M. è disperato, non sa più a che santo votarsi, abituato a essere “seguito in maniera ottimale” da cardiologia pediatrica non si spiega come mai non vengano prese in considerazione “le loro raccomandazioni scritte, in sintonia con quelle del reparto cardiotoracovascolare di Bologna, di agire con la massima velocità. Invece per tre volte è accaduto addirittura che fosse preso in carico dopo ben 15 ore dal suo arrivo in ospedale. Purtroppo il reparto del Brotzu appare ormai in confusione totale». Una situazione, quella di cardiologia, «peggiorata ulteriormente con l’arrivo della pandemia ma che – spiega il genitore di M. – era già grave nel 2019. Non si tratta quindi di un problema legato solo all’emergenza sanitaria. E quando sento parlare di eccellenza della sanità mi incavolo». Ieri è successo di nuovo: il cuore del giovane che comincia il suo pazzo rally, la paura, la corsa verso il pronto soccorso: «Siamo arrivati alle 9,30 – dice il padre – e alle 11,12 M. è stato portato in reparto. Qui è rimasto sino alle 16 con il cuore in subbuglio in attesa dell’esito del tampone molecolare (da rilevare che ha concluso il ciclo vaccinale ad aprile) in una cosiddetta “zona grigia”, una stanza chiusa nella quale non viene effettuato alcun monitoraggio della situazione cardiaca, come sarebbe logico, non si vede passare nessuno, non ci sono servizi igienici. E nemmeno un campanello per chiamare i medici nel caso la situazione precipiti: ieri sentendosi ancora una volta abbandonato e in preda alla paura, per attirare l’attenzione degli infermieri ha dovuto prendere a calci la porta: è arrivato un sanitario che palesemente non sapeva che ci fosse qualcuno in attesa…. (a.palm.)