«I roghi si fermano ripopolando le campagne»
Intervento dei docenti della facoltà di Agraria dell’Università di Sassari sul tema della prevenzione
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SASSARI. Il rogo che ha devastato 20mila di boschi e pascoli nel Montiferru poteva essere evitato? Sul tema intervengono i docenti della facoltà di Agraria dell’Università di Sassari. «Desideriamo innanzi tutto esprimere piena solidarietà alle popolazioni colpite dalla catastrofe consumatasi nei giorni scorsi nel Montiferru – scrivono in una lunga nota –. Di fronte questi eventi estremi, ci si chiede se si sia fatto abbastanza per prevenire, e se si stia facendo e si farà abbastanza per evitare che simili eventi si ripetano in futuro. Data la complessità del fenomeno, non esiste una causa e una soluzione unica, ancor più in una situazione inedita, per lo stato di abbandono delle terre e la crisi climatica in corso. La stagione degli incendi è più lunga, le ondate di calore e siccità sono più frequenti, la vegetazione più infiammabile».
«La ricerca dei colpevoli - continuano – non è sufficiente a risolvere i problemi complessi: quando il pericolo è grave è sufficiente una circostanza fortuita a generare disastri e ognuno, universitari inclusi, ha la sua quota di responsabilità. La grande quantità di materiale combustibile accumulatasi per l’abbandono delle attività agro-silvopastorali, ha favorito la naturale ricolonizzazione della macchia mediterranea in assenza di una specifica pianificazione territoriale. In queste condizioni il disastro è annunciato. Per affrontare efficacemente la questione, occorre agire aumentando le opportunità di reddito delle imprese agro-silvopastorali delle zone interne, prevenendo così l’esodo della popolazione attiva verso le coste. La macchina antincendio ha prodotto risultati incoraggianti rispetto al passato: oggi non piangiamo morti o feriti. Non è poco. Grazie a un’efficiente macchina organizzativa, migliaia di piccoli incendi vengono spenti sul nascere e non fanno notizia. Un esempio da imitare di coordinamento interistituzionale, frutto di decenni di sforzi della Regione (Assessorato Ambiente, Protezione Civile, Corpo Forestale, FoReSTAS, Barracelli, Volontari) e dello Stato (Vigili del Fuoco, Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Guardia Costiera), coadiuvato sempre dal tempestivo intervento volontario e solidale di numerosissimi cittadini, pastori e agricoltori».
«Ma la catastrofe ambientale – sostengono ancora i docenti di Agraria – e le perdite del patrimonio naturale e zootecnico non sono evitabili solo con questi mezzi. I Canadair, pur preziosi, non bastano quando si ha a che fare con incendi estremi di tali proporzioni, che sono al limite di qualsiasi capacità di controllo. Occorre un salto di qualità nella prevenzione, imparando anche da esperienze di successo di altre regioni mediterranee. La gestione degli incendi con il nuovo clima è parte della strategia regionale di adattamento ai cambiamenti climatici approvata nel 2019 e della costituenda strategia regionale di sviluppo sostenibile. Il PNRR può dare un impulso a queste politiche. Per un efficace Piano Regionale Antincendi è urgente adeguare le misure della pianificazione forestale e dare piena attuazione alla legge forestale regionale numro 8 del 2016, che prevede tra l’altro i “Piani Territoriali di Indirizzo”, previsti anche dal Testo Unico Forestale, ma sinora mai attuati. Occorre dare più spazi di intervento per le imprese anche in terreni privati, facilitare i procedimenti autorizzatori e l’applicazione delle norme per far coesistere utilizzazioni produttive e tutela del patrimonio forestale».
«La Sardegna importa molta più legna da ardere e cippato di quanto attualmente produce – conclude la nota –. A questi fini, possono contribuire nuove forme di gestione collettiva dei terreni e l’istituzione di un albo regionale delle imprese forestali. Ci sono esempi in altre regioni che anche in Sardegna sarebbe possibile promuovere con forme di gestione collettiva basate su imprese economicamente vitali che, oltre ai prodotti della terra, offrono alla società “servizi ecosistemici” come la prevenzione delle catastrofi naturali. A queste politiche occorre affiancare monitoraggio del carico di combustibile, piani per la sicurezza delle comunità, per la sensibilizzazione, informazione e formazione.
La tragedia appena vissuta dovrebbe convincerci che in Sardegna si debba cominciare oggi a spegnere gli incendi dei prossimi 20 anni».
«La ricerca dei colpevoli - continuano – non è sufficiente a risolvere i problemi complessi: quando il pericolo è grave è sufficiente una circostanza fortuita a generare disastri e ognuno, universitari inclusi, ha la sua quota di responsabilità. La grande quantità di materiale combustibile accumulatasi per l’abbandono delle attività agro-silvopastorali, ha favorito la naturale ricolonizzazione della macchia mediterranea in assenza di una specifica pianificazione territoriale. In queste condizioni il disastro è annunciato. Per affrontare efficacemente la questione, occorre agire aumentando le opportunità di reddito delle imprese agro-silvopastorali delle zone interne, prevenendo così l’esodo della popolazione attiva verso le coste. La macchina antincendio ha prodotto risultati incoraggianti rispetto al passato: oggi non piangiamo morti o feriti. Non è poco. Grazie a un’efficiente macchina organizzativa, migliaia di piccoli incendi vengono spenti sul nascere e non fanno notizia. Un esempio da imitare di coordinamento interistituzionale, frutto di decenni di sforzi della Regione (Assessorato Ambiente, Protezione Civile, Corpo Forestale, FoReSTAS, Barracelli, Volontari) e dello Stato (Vigili del Fuoco, Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Guardia Costiera), coadiuvato sempre dal tempestivo intervento volontario e solidale di numerosissimi cittadini, pastori e agricoltori».
«Ma la catastrofe ambientale – sostengono ancora i docenti di Agraria – e le perdite del patrimonio naturale e zootecnico non sono evitabili solo con questi mezzi. I Canadair, pur preziosi, non bastano quando si ha a che fare con incendi estremi di tali proporzioni, che sono al limite di qualsiasi capacità di controllo. Occorre un salto di qualità nella prevenzione, imparando anche da esperienze di successo di altre regioni mediterranee. La gestione degli incendi con il nuovo clima è parte della strategia regionale di adattamento ai cambiamenti climatici approvata nel 2019 e della costituenda strategia regionale di sviluppo sostenibile. Il PNRR può dare un impulso a queste politiche. Per un efficace Piano Regionale Antincendi è urgente adeguare le misure della pianificazione forestale e dare piena attuazione alla legge forestale regionale numro 8 del 2016, che prevede tra l’altro i “Piani Territoriali di Indirizzo”, previsti anche dal Testo Unico Forestale, ma sinora mai attuati. Occorre dare più spazi di intervento per le imprese anche in terreni privati, facilitare i procedimenti autorizzatori e l’applicazione delle norme per far coesistere utilizzazioni produttive e tutela del patrimonio forestale».
«La Sardegna importa molta più legna da ardere e cippato di quanto attualmente produce – conclude la nota –. A questi fini, possono contribuire nuove forme di gestione collettiva dei terreni e l’istituzione di un albo regionale delle imprese forestali. Ci sono esempi in altre regioni che anche in Sardegna sarebbe possibile promuovere con forme di gestione collettiva basate su imprese economicamente vitali che, oltre ai prodotti della terra, offrono alla società “servizi ecosistemici” come la prevenzione delle catastrofi naturali. A queste politiche occorre affiancare monitoraggio del carico di combustibile, piani per la sicurezza delle comunità, per la sensibilizzazione, informazione e formazione.
La tragedia appena vissuta dovrebbe convincerci che in Sardegna si debba cominciare oggi a spegnere gli incendi dei prossimi 20 anni».