Carles Puigdemont: « Il mio arresto ad Alghero un’offesa al popolo sardo»
Intervista con l’ex presidente catalano: «La Spagna ha scelto luogo e momento sbagliato. Vivo una situazione surreale: sono un uomo libero in Europa ma non in patria»
SASSARI. I sardi nel cuore più di prima, nonostante il carcere o forse proprio per l’accoglienza ricevuta fuori dal carcere. «Arrestarmi qui è stata una offesa a tutto il popolo sardo». Seduto in poltrona nello studio del suo avvocato sassarese Agostinangelo Marras, l’eurodeputato indipendentista catalano Carles Puigdemont parla della vicenda che ha portato la Sardegna al centro della scena internazionale. Rilassato, circondato dai suoi collaboratori, Puigdemont risponde in perfetto italiano alle domande. La prima non è scontata, vista la situazione appena vissuta all’arrivo in aeroporto per partecipare alla grande festa catalana organizzata ad Alghero e conclusasi invece nel carcere di massima sicurezza di Bancali.
Come sta?
«Bene, molto bene. Sono stato trattato dal principio con grande professionalità».
È stato in cella?
«Sì e non era la prima volta. Sono stato recluso in Germania nel 2018, dodici giorni».
Cosa ricorda del momento del fermo ad Alghero?
«Gli amici che mi aspettavano in aeroporto si erano già accorti di un inconsueto movimento di agenti. Quando sono uscito dall’aereo, ho visto un individuo che con un telefonino filmava tutti i passeggeri e ho capito. Quando ho visto che la polizia controllava l’identità di un volo interno dell’Unione Europea ho avuto la conferma. Devo dire comunque che sono stati tutti molto educati, professionali, corretti e rispettosi».
Lei è stato arrestato in Italia, ma prima aveva viaggiato in Francia, in Germania. Si aspettava l’arresto?
«Non era una probabilità, ma c’era una possibilità».
E l’ha affrontata...
«Sì. Con tutta la mia équipe abbiamo un piano per affrontare questa situazione perché sapevamo che c’era un rischio, piccolo ma controllato, sapendo sempre che la Spagna gioca brutto. Abbiamo il sospetto che non abbia detto la verità al tribunale generale dell’Unione Europea. E questo dimostra che abbiamo ragione».
Se l’avesse organizzata lei, questa sarebbe stata una operazione mediatica perfetta a suo vantaggio. Il suo arresto ha infatti scatenato un’ondata di solidarietà e di simpatia nei suoi confronti e ha riacceso i riflettori sulla questione catalana. Lei appena uscito dal carcere ha twittato: “la Spagna non perde occasione per mostrarsi ridicola”. Ritiene che l’arresto e l’immediata scarcerazione siano stati un boomerang per la Spagna?
«Probabilmente sì. Quando ho subito l’arresto in Germania, ha prodotto lo stesso effetto, al punto che il mio avvocato tedesco mi ha chiesto se avessi progettato io la detenzione. Questo perché c’era un “rumor”, riportato dalla stampa spagnola e ripreso da quella tedesca, secondo il quale io avevo pianificato il mio fermo per ottenere questo risultato. Evidentemente no, non ho pianificato niente, però è vero: è stato un boomerang. In meno di ventiquattro ore (tante sono quelle che ha passato in carcere in Italia) la Spagna ha riportato una sconfitta nella sua immagine internazionale».
Il governo Sanchez esce indebolito da questa storia?
«Pedro Sanchez in campagna elettorale aveva dichiarato che uno degli obbiettivi politici del suo governo era la mia estradizione. Questo processo non è quindi contrario agli interessi politici di Pedro Sànchez. Se voleva mostrare una immagine all’Europa più amabile e più aperta, diciamo che questa situazione lo smentisce».
Il fatto che lei sia stato arrestato nell’unica città catalana fuori dalla Catalogna secondo lei è una coincidenza? Ad Alghero c’era un appuntamento molto importante dove lei era l’ospite d’onore e la sua presenza molto significativa...
«Non so se sia stato un caso e non lo posso dire, ma i servizi segreti spagnoli dovevano sapere che c’era un evento molto importante con la presenza di molti catalani. Devo dire che se il servizio di informazione sapeva e ha pianificato comunque questa operazione, ha dimostrato una mancanza di intelligenza politica».
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