I legali di Becciu: «Processo nullo, non abbiamo gli atti»
L’accusa ottiene il rinvio a giudizio di altri quattro imputati. Il Tribunale unifica i procedimenti, udienza il 18 febbraio
CITTÀ DEL VATICANO. È durata poco più di 40 minuti la sesta udienza del processo davanti ai giudici del Tribunale vaticano per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato. 40 minuti di schermaglie tra gli avvocati del cardinale Angelo Becciu e l’accusa. I legali del porporato di Pattada hanno nuovamente avanzato eccezioni di nullità «assoluta e radicale» del procedimento denunciando l’omesso o incompleto deposito degli atti da parte dell'Ufficio del promotore di giustizia. In particolare, l'avvocato Fabio Viglione ha eccepito che c'è «un'amplissima parte dei documenti informatici» che non è stata consegnata nelle copie richieste. Dei 255 supporti informatici sequestrati, «239 non sono stati rilasciati in copia, e nessuna delle copie consegnate può essere qualificata come “copia forense”».
Il procuratore di giustizia ha messo a segno un punto a favore perchè il Tribunale vaticano ha accolto la sua richiesta di rinviare a giudizio quattro imputati per i quali gli atti erano stati stralciati dal processo e rinviati allo stesso ufficio dell'accusa. I quattro sono il monsignor Mauro Carlino, ex segretario del cardinale Becciu, il finanziere Raffaele Mincione, l'avvocato Nicola Squillace e il funzionario vaticano Fabrizio Tirabassi. Il troncone del nuovo processo sarà riunito a quello con gli altri sei e riprenderà il 18 febbraio.
Tornando a ieri l’udienza è stata caratterizzata dall’assenza in aula di Angelo Becciu motivata proprio dal mancato deposito di atti. «Il cardinale – ha spiegato l’avvocato Maria Concetta Marzo – ha preferito non ascoltare contenuti di dialoghi», in particolare con riferimento alle dichiarazione del testimone chiave, monsignor Alberto Perlasca, perché «ci sono punti di prova trattati negli interrogatori di cui negli atti consegnati non viene riportata neanche una parola, e neanche un omissis».
Il riferimento è a quando, nell'interrogatorio di Perlasca del 23 novembre 2020 «viene esplorato un sospettato rapporto intimo tra il cardinale e Cecilia Marogna». Nelle registrazioni si sente il promotore di giustizia chiedere a Perlasca dei rapporti tra Becciu e la donna e la risposta dell'interrogato è di non saperne nulla, «neanche una parola». Ma il magistrato insiste: «ma come non sa nulla? L'ha mai sentito Crozza che cosa ipotizza nelle sue trasmissioni?»
«Di questo tema di prova nel verbale non c'è neanche una parola – ha fatto notare l’avvocato Marzo –. E l'imputato ha diritto a che non si facciano domande sulla moralità o su fatti mai accaduti pena la nullità radicale e assoluta del processo».
Il promotore di giustizia aggiunto, Alessandro Diddi, ha spiegato di non sapere quali parti di atti manchino nelle copie preparate dalla polizia giudiziaria e poi consegnate alla difesa. Comunque il presidente Pignatone ha dato all’accusa tempo fino al 31 gennaio per verificare la situazione. Però, in aula, Diddi ha ribadito che «le ultime eccezioni sollevate sono destituite di ogni fondamento». La palla torna ora al Tribunale che dovrà prendere una decisione sul se e come andare avanti col processo. La prossima udienza sarà il 18 febbraio.