La Nuova Sardegna

«Venite a prendermi ho ucciso mia moglie»

di Giuseppe Centore
«Venite a prendermi ho ucciso mia moglie»

Zeddiani: Daniela Cadeddu massacrata a martellate da Giorgio Meneghel

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INVIATO A ZEDDIANI. L’ha uccisa nel sonno colpendola ripetutamente, molti i colpi, quasi tutti mortali, con un martello. Poi ha aspettato che la notte, una maledettissima notte, trascorresse nel silenzio. Ha guardato il corpo sena vita nella camera con la testiera del letto macchiata dal sangue della vittima. Ha forse girato nella piccola casa, quando l’intera sua vita gli è passata davanti come un film. Poi ha fatto una telefonata.

Di primo mattino l’assassino ha chiamato il 112. «Venite a casa mia a Zeddiani, in via Roma 46. Ho ucciso mia moglie». L’operatore ha capito che non era uno scherzo. La pattuglia dei carabinieri che dopo pochi minuti è giunta davanti al portone di quella casa rosa, con a fianco la macelleria del paese, ha trovato la porta aperta e sull’uscio un uomo sfatto, con i vestiti sporchi di sangue.

Giorgio Meneghel 53 anni, aveva ucciso poche ore prima la propria moglie, Daniela Cadeddu, 51enne, originaria di Cabras. La coppia non aveva figli. L’uomo aveva una azienda agricola ben avviata, e un negozio di frutta e verdura in paese gestito proprio dalla madre e dalla vittima. I due abitavano nella casa della famiglia di lui.

Sul posto sono accorsi i carabinieri del comando provinciale e della compagnia di Oristano, coordinati dal colonnello Mariano Lai, comandante del reparto operativo. Sul posto è giunta anche la magistrata di turno in Procura, Sara Ghiani e il medico legale Roberto Demontis.

Intanto Meneghel veniva portato in sicurezza nella locale stazione dei carabinieri in attesa del primo interrogatorio, che si è svolto in tarda mattinata non è stato altro che un riepilogare i gesti compiuti dall’uomo poche ore prima: l’omicidio, compiuto con un martello, poi l’attesa. E infine la confessione con tanti distinguo e tentativi di scusanti.

L'uomo, davanti alla pm Ghiani, avrebbe raccontato come stesse attraversando un periodo particolarmente difficile sia dal punto di vista della salute – ha detto di stare male tanto da aver perso peso e non riuscire più a lavorare come una volta – che da quello economico, dichiarando di lavorare poco o niente e non riuscire a far fronte alle uscite.

Il 53enne, che ha sempre lavorato come agricoltore avrebbe anche sostenuto che la moglie aveva gravi problemi di salute.

Dopo il formale arresto per Meneghel si sono aperte le porte del carcere di Massama, dove domani riceverà la visita del giudice per la convalida, scontata, dell’arresto.

Il movente. La coppia era tale solo di nome. I due pur sposati da tempo di fatto vivevano, da separati in casa, ciascuno con la propria vita. E sotto lo stesso tetto, anche se conferme sono impossibili da trovare, in questi anni si sono consumati litigi, scontri, accuse reciproche e annunci di una separazione reale, oltre che legale, che però non è mai arrivata. Di tutto questo in paese nessuno avrebbe mai saputo nulla. Un matrimonio finito da anni che continuava solo formalmente forse per non intaccare patrimoni, affrontare divisioni, infliggere ulteriori sofferenze ai genitori di lui, che pure avevano capito che tra la coppia tutto era finito.

E così per anni, la casa di via Roma è diventata una abitazione dove un muro insuparabile, ma invisibile, divideva le due vite. Un muro che è crollato definitivamente ieri.

Le indagini. Il compito degli investigatori è solo in apparenza facile. Gli esperti del Ris, arrivati ieri mattina e trattenutisi sino a tarda sera, dovranno cercare di ricostruire come si sono svolti i fatti, soprattutto prima dei colpi mortali; se ci siano stati litigi; se la donna prima di coricarsi in camera sua abbia compiuto qualche gesto particolare; come l’uomo l’abbia colpita, da che posizione e con quale sequenza. Insomma, cercare di accertare se si sia trattato di un delitto d’impeto o di una azione premeditata. Altrettanto impegnative saranno le domande alle quali il medico legale Roberto Demontis dovrà dare risposta. Quali erano le condizioni fisiche generali della donna; se soffrisse di qualche evidente patologia, come è morta.

Aspetti fondamentali nella logica processuale, meno in quella investigativa, visto che l’uomo è reo confesso, nulli in quella reale, dove l’unica cosa che conta è che una donna, ancora una volta è stata uccisa in casa.

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