La Nuova Sardegna

Il caso

Arrestato un dissidente curdo, era in vacanza a Valledoria

Nadia Cossu
Arrestato un dissidente curdo, era in vacanza a Valledoria

Il giovane, rifugiato politico in Svizzera, raggiunto da un mandato della Turchia.No del Ministero italiano alla richiesta di estradizione per presunti reati di droga

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Sassari Era in vacanza in un campeggio di Valledoria, ma la spensieratezza e il relax sono stati interrotti dall’arrivo dei carabinieri che avevano in mano un mandato d’arresto con richiesta di estradizione emessi dalla High criminal court, corte di Bakirkoi (Turchia) per reati legati a un presunto traffico di sostanze stupefacenti.

Il protagonista di questa vicenda che ha interessato tre Paesi (Italia, Turchia e Svizzera) e mobilitato ambasciate e organizzazioni politiche è un 33enne curdo, rifugiato politico in Svizzera dal 2018 dopo alcune vicissitudini in seguito alle quali era finito nel mirino del governo turco. L’uomo è stato portato a Bancali e dopo l’udienza in corte d’appello – difeso dagli avvocati Salvatore Masia e Sabrina Mura – è uscito dal carcere con l’obbligo di dimora nel camping di Valledoria e l’obbligo di firma alla stazione dei carabinieri del paese. Alcuni giorni fa, sempre la corte d’appello di Sassari su richiesta del ministero della Giustizia italiano lo ha definitivamente scarcerato.

Un caso internazionale piombato nel piccolo centro di Valledoria: il giovane, che risiede e lavora stabilmente in Svizzera da novembre del 2018, è un rifugiato. Gli avvocati difensori hanno da subito evidenziato l’infondatezza delle accuse rivolte al loro assistito, un perseguitato politico che a causa delle sue “manifestazioni” dissidenti era stato rinchiuso nella prigione turca.

Il primo settembre il giudice Maria Grixoni ha sostituito la custodia in carcere con gli obblighi di dimora e di firma disponendo che il ministero della Giustizia acquisisse presso l’ambasciata svizzera e trasmettesse nel più breve tempo le informazioni relative allo status di rifugiato politico. L’arrestato – scriveva il giudice nel provvedimento – «ha negato assolutamente ogni addebito riferendo che la richiesta di arresto fosse collegata alla sua situazione politica di curdo e ai reati di dissidente per i quali ha già scontato in Turchia una pena detentiva di sette anni». La Grixoni rilevava anche che il mandato di arresto facesse riferimento «a fatti risalenti al 2017 ma non risultano ancora pervenuti gli atti relativi ai fatti in oggetto». Non ultimo il giudice sottolineava come «in Turchia sussistano condizioni generali di violazione dei diritti fondamentali della persona e del giusto processo, con trattamenti degradanti nelle carceri e forti limitazioni dei diritti di difesa, essendo stata formalmente sospesa sul territorio dello Stato (dal 21 luglio 2016) l’applicazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo ed essendosi riscontrate condizioni generali di detenzione arbitraria, nonché il ricorso a pratiche di tortura nei confronti dei detenuti, risultanti da documentazione proveniente da Amnesty International».

Per ultimo è arrivata dal Ministero la richiesta di revoca di ogni misura cautelare considerato che il giovane gode dello status di rifugiato e nei suoi confronti «non potranno essere assunte decisioni favorevoli all’estradizione verso la Repubblica di Turchia».


 

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