La Nuova Sardegna

Sanità

Si moltiplicano i casi di talassemici costretti a lunghi viaggi nell'isola per le trasfusioni

di Marco Bittau
Si moltiplicano i casi di talassemici costretti a lunghi viaggi nell'isola per le trasfusioni

Malati sardi obbligati a spostarsi a Cagliari o Sassari. La Asl Gallura si difende dopo l’attacco dell’Avis: «Aggressione verbale»

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Olbia Due centri per i talassemici in Sardegna, uno a Cagliari e l’altro a Sassari, per il resto dell’isola cure e trasfusioni sono “in trasferta”. Questa è la minestra sul piatto della sanità regionale, che fa i conti disperati con medici e infermieri che non bastano mai e che di fronte a qualunque problema sventola la bandiera bianca del “vorrei ma non posso”. Il caso della mamma di Olbia che tre volte al mese accompagna il figlio talassemico di quattro anni all’ospedale Microcitemico di Cagliari per le trasfusioni (due giorni e 500 chilometri a botta) spalanca la porta su un mondo di sacrifici e lacrime. Non un caso isolato, ma la punta dell’iceberg, perché ce ne sono tante altre che arrivano ancora da Olbia, da Tempio, da Oschiri dove “viaggiano” due fratelli, uno di 10 anni e uno di 8.

La Asl Gallura si difende e parla di “aggressione verbale” probabilmente riferendosi all’Avis di Olbia che ha denunciato il caso. «Olbia non è mai stato un centro di riferimento per la talassemia, settore per il quale sono necessarie specialità, percorsi, competenze e professionalità già individuati a suo tempo dal sistema sanitario regionale nelle sedi di Cagliari e Sassari – dice il direttore generale, Marcello Acciaro –. Questa aggressione verbale verso la direzione aziendale della Asl è, perciò, assolutamente immotivata e confutata dai fatti: la nostra unità operativa di pediatria svolge il proprio compito, adoperandosi al meglio per dare una risposta di salute anche nei casi di forte disagio sociale quando viene informata».

«Il caso citato – aggiunge – non è un caso conosciuto dalla nostra unità operativa. Se fosse rientrato tra quelli di forte criticità sociale avremmo valutato la presa in carico, come abbiamo fatto in altre occasioni. Non si può, poi, far percepire come “banale” la procedura della trasfusione per i talassemici, che richiede invece un’attenta analisi e il coinvolgimento di un’equipe sanitaria ben definita nei compiti e nei ruoli, con una collaborazione anche intersettoriale tra la Pediatria e il Centro trasfusionale».

I fatto che il caso fosse conosciuto oppure no all’unità operativa della Asl merita un approfondimento. Il direttore generale dice no, ma la famiglia olbiese mostra le mail informative indirizzate all’assessorato regionale alla Sanità e anche alla direzione generale Asl. Nelle lettere c’è scritto persino il nome del medico che all’ospedale di Olbia prestava servizio ai talassemici, mai sostituito dopo il trasferimento a Cagliari.

«Le nostre porte sono sempre state aperte alle famiglie in stato di disagio. Se i genitori di questo bambino ritengono di rientrare in una situazione di forte difficoltà sociale siamo disponibili ad ascoltarli – ancora il direttore Acciaro – ma li invito a diffidare di chi, invece di contribuire a risolvere i problemi, usa queste vicende per raggiungere altri obiettivi».

Il direttore Acciaro non nomina mai l’Avis di Olbia, ma è evidente che l’affondo è diretto all’associazione di volontari che tanto si prodiga per far fronte all’emergenza sangue. Proprio la sezione Avis che, attraverso le parole del suo presidente, Gavino Murrighile, ha espresso un giudizio negativo sulla organizzazione del servizio da parte della Asl.

Il caso intanto rimbalza sui tavoli del consiglio regionale e il concetto dei due soli centri per la talassemia, a Cagliari e a Sassari, è stato ripreso anche dal capogruppo della Lega, Dario Giagoni, neo parlamentare, gallurese pure lui. «Non è una scelta, purtroppo, ma un obbligo – dice –. Non si può aprire un centro a Olbia, o altrove, se non c’è il personale necessario per lavorarci».


 

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