La Nuova Sardegna

Le reazioni

Gli amici e i colleghi di Ciro Pianura: «Era come un fratello maggiore»

di Davide Pinna
Gli amici e i colleghi di Ciro Pianura: «Era come un fratello maggiore»

Il ricordo commosso del mondo della pallacanestro e dei colleghi

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Sassari Un abbraccio enorme, come quella palla arancione a spicchi che per tutta la vita è stata la sua passione. Un’ondata di ricordi commossi in memoria di Ciro Pianura, che coinvolge non solo tutto il mondo della pallacanestro isolana, ma anche la sua Latina dove, con la canotta dell’AB Latina 1968, era cresciuto da cestista. Proprio da qui lo aveva raggiunto a Sassari, pochissimi giorni fa, la sua famiglia, per passare con lui un po’ di tempo in vista delle vacanze di Pasqua, ma i giorni spensierati hanno avuto un esito impensabile e doloroso.

«Ciro era il fratello maggiore di tutti i ragazzi che sono passati al campo in questi anni – racconta il presidente del Cus Sassari Nicola Giordanelli – e lascia un vuoto enorme, dal punto di vista tecnico, certo, ma soprattutto dal punto di vista umano». Ciro Pianura era arrivato al Cus nel 2017, allenatore in seconda di Gabriele Sassu nella serie C e per un anno alla guida dell’Under 18. «Aveva un carattere gioviale, sempre allegro, attaccatissimo ai colori del Cus, come a una famiglia – ricorda ancora Giordanelli -. Aiutava i ragazzi anche ad affrontare i problemi al di fuori del campo, sempre pronto a dare una mano agli altri, mai egoista. Ho ricevuto attestati di stima nei suoi confronti da tutta la Sardegna e non solo nel mondo del basket, era ben voluto anche nell’ambito lavorativo».

Il cordoglio è arrivato anche dal comitato sardo della Federazione Italiana Pallacanestro che ha disposto, per le partite del week end, l’osservazione di un minuto di silenzio su tutti i campi dell’isola. Il ricordo di Ciro Pianura è ancora vivo anche nelle parole di Tore Spanu, presidente della Buk Uri, dove Pianura è stato secondo allenatore in serie D nella stagione 2014/15 e primo allenatore nelle due successive.

«Aveva sempre il sorriso sulle labbra e faceva crescere i ragazzi anche nella vita, non solo negli obiettivi sportivi. Una persona che tutti avrebbero voluto accanto: qualsiasi cosa faceva nella vita, dalla pallacanestro al lavoro a una banale cena, era sempre ben voluto. E lo confermano le decine e decine di telefonate che sto ricevendo in queste ore da ex giocatori, increduli dopo la notizia» racconta Spanu. Neanche il mare e i quasi quindici anni lontani dalla sua città, sono bastati a cancellare il ricordo di Ciro Pianura a Latina.

«Lo conoscevo da quando era un bambino, se non sbaglio aveva iniziato a giocare da quando aveva sette anni» racconta Irene Treleani, per anni responsabile del settore giovanile dell’AB Latina 1968. Anche lei, trattiene a malapena le lacrime. «Quando entrava in palestra, alzava il livello: era sempre sorridente, in grado di tenere in piedi lo spirito di tutto il gruppo». Ciro ha giocato nell’AB fino a 18 anni, poi una stagione con i “rivali” della Virtus Latina, l’impegno da arbitro e da allenatore, prima nel Lazio e dal 2011 nella sua nuova casa, la Sardegna. «Qui siamo un po’ come una famiglia, abbiamo sempre voluto bene a Ciro, come se non se ne fosse mai andato. Sappiamo che negli anni del Covid è sempre stato in prima linea, senza mai mollare e questa cosa fa onore alla società e a tutta la città. Il mondo del basket di Latina è sconvolto, nessuno se lo aspettava».

In Sardegna, Ciro Pianura era arrivato dopo aver vinto un concorso per tecnico radiologo all’Aou di Sassari nel 2010. E in pochi anni si è guadagnato la fiducia e la stima di colleghi e pazienti. «Lascia un vuoto enorme e un dolore profondo in tutti noi» racconta Tina Manca, per anni responsabile dell’Ordine dei tecnici radiologi della provincia di Sassari. «Un ragazzo bravissimo e un grande collega, nessuno di noi si sarebbe mai aspettato che capitasse una cosa simile. Era stato mio allievo durante il master e da subito si era integrato benissimo nel reparto». Ciro Pianura era arrivato in Sardegna poco più che trentenne, ma subito si era trovato a casa, fra lavoro amici e pallacanestro. Quello stesso mondo che lo aveva accolto quindici anni fa, oggi lo saluta incredulo, senza dimenticare il suo sorriso.

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