L’assessore Franco Cuccureddu: «Non siamo una regione turistica»
Le criticità: «Non si produce ricchezza, troppa stagionalità»
Sassari Turismo e Sardegna, una relazione intensa ma troppo breve, giusto l’idillio di un paio di settimane all’anno. La classifica pubblicata dal Sole 24 ore non fa altro che fotografare questo matrimonio mancato. Lo stesso assessore Franco Cuccureddu non si stupisce affatto della dodicesima posizione: «La Sardegna non è ancora una regione turistica. Non lo dico io, lo dicono i numeri. Sia quelli che riguardano le presenze, ma ancora di più quelli che riguardano la ricchezza prodotta da questo segmento, ben più significativi. Il turismo da noi incide per l’8% del Pil, contro la media nazionale del 12%. Siamo indietro del 4%. Se poi pensiamo che in Veneto (primo in classifica) si arriva al 20%, si capisce bene quanto bisogna ancora lavorare per riuscire a vivere di turismo».
Qual è il principale problema?
«Non siamo indietro come consistenza dell’offerta. Il settore alberghiero e l’extra alberghiero è piuttosto variegato. Le difficoltà emergono nel tasso di occupazione delle strutture, al di fuori della parentesi estiva. La stagionalità è troppo marcata: un turismo che funziona non può reggersi esclusivamente su tre settimane all’anno, cioè quelle che vanno da fine luglio a metà agosto. Tutto questo diventa insostenibile».
Nel senso che sovraffollamento troppo concentrato, si traduce in perdita di qualità dei servizi?
«Parlo di sostenibilità ambientale, economica e sociale. I comuni non sono in grado di gestire una pressione antropica così forte. L’occupazione nel settore turistico finisce per essere considerata troppo precaria. Hai il superlavoro di un mese, dopodiché la noia. Non ci sono prospettive a lungo termine. E la conseguenza di questa distorsione la si coglie nella società: quest’anno per la prima volta chiudono i convitti di Sassari e Alghero legati agli istituti alberghieri. Questo è un pessimo segnale, considerata la disperata ricerca di personale delle strutture ricettive in estate».
Si ritorna al solito mantra della destagionalizzazione. Ma è davvero realizzabile in Sardegna?
«Bisogna lavorare molto bene col marketing. Per far sì che le persone scelgano l’isola, ci sono i grandi attrattori, cioè il turismo balneare, la cultura, i grandi eventi ecc. Per ora noi riusciamo a far leva sulle nostre coste, ma per un tempo troppo ristretto. Bisogna introdurre altri elementi motivazionali, per incidere su altre nicchie. Mi riferisco al folclore, all’enogastronomia, all’archeologia e via dicendo. Ma non puoi proporre il Carnevale di Mamoiada a un turista del nord Europa come evento singolo, devi costruire un pacchetto più completo e appetibile. Devi incuriosire il turista dicendogli che accanto al carnevale troverà questo itinerario enogastronomico, che potrà visitare questo paesaggio suggestivo, che ci sarà un albergo che gli riserverà un’offerta speciale. Insomma, per far sì che a febbraio qualcuno sia disposto a viaggiare per l’isola, dovrà percepire la qualità del prodotto che andrà ad acquistare».
Un’offerta turistica molto più mirata e cucita sul target?
«Cercheremo di inseguire proprio questo obiettivo. E il primo passo sarà quello di fare un’analisi di mercato molto approfondita, per monitorare la propensione a viaggiare in Sardegna al di fuori dall’alta stagione. Per capirsi: dalla Lombardia i flussi sono principalmente a luglio e ad agosto. È inutile che io mi intestardisca nel cercare di dirottare i turisti lombardi nei mesi spalla. Più facile rivolgermi alla Toscana. O ancora meglio fare delle campagne di marketing mirate sul target svizzero, più propense a viaggiare anche in inverno. Ma per essere efficaci occorre lavorare su una solida base di informazioni incrociate, avendo ben chiaro l’identikit della persona da attrarre. Stiamo riorganizzando l’Osservatorio del turismo, stipulando una convenzione con Mastercard per avere informazioni sugli acquisti e sulle spese, dopodiché serve elaborare le informazioni che provengono dai trasporti e dai beni culturali. Così avremo un quadro completo del nostro turista ideale, quello a basso impatto e con buona spesa».
Con la Continuità territoriale 2 l’Europa eroga 10 milioni per tre anni utili a potenziare i collegamenti aerei. La considera una buona opportunità per la Sardegna?
«Io non mi sento di definirla una nuova Continuità. Lo ritengo un piccolo incentivo, quantificabile a occhio in circa 20 euro per passeggero. Insomma, non ci sono i margini per convincere le compagnie ad aprire nuove destinazioni per la Sardegna. E sarà anche difficile coinvolgerle in un bando che riguardi i sei mesi invernali. Invece, con una efficace azione di marketing, si potrà convincere i vettori a potenziare le tratte agli estremi della fascia summer, cioè ad aprile e ottobre. Da poco ho parlato con Easy Jet e ha manifestato interesse sulla Sardegna, anche sull’aeroporto di Alghero, che al momento è il più debole. La sfida sarà trovare un punto di accordo tra le nostre esigenze di target e le loro esigenze di business».