Baronia a secco. Il sindaco di Posada: «Ci hanno lasciati soli»
Ruiu: «Le mie dimissioni sul tavolo, le istituzioni ci aiutino». Nel paese la popolazione si rifornisce con le autobotti
Inviato a Posada «Lasciato senza più armi davanti alla mia comunità, ho pensato davvero di mollare». Lo ripete senza sosta Salvatore Ruiu, Barore per i suoi concittadini, sindaco di Posada, in Baronia, dove l’acqua manca da mesi. Dove le famiglie sono costrette a rifornirsi da un’autobotte. Sembra l’immagine del più classico spot raccolta fondi da destinare all’Africa più desertica, invece è la realtà.
Ogni mattina qui c’è una vera e propria processione della sete. Qui le fontane piangono mentre i campi si ingialliscono e la terra non è più quella dei famosi orti baroniesi, ma assomiglia di più alle distese di qualche altro pianeta del sistema solare, di quelli più aridi e vicini al sole. Non è più bello neanche il mare, se si percorre la strada che conduce alle spiagge, tra tutta quella polvere sollevata dal vento e quella foschia tetra da stagione estiva. L’acqua come motivo di crisi politica. Se non fossimo nel 2024 si tratterebbe di un fatto comune, a tratti banale. È accaduto tante volte nel corso della lunga storia dell’impero romano, oppure a cavallo delle guerre mondiali e nel 1954 quando l’arsura della terra e dei pascoli colpì la Sardegna per oltre 5 mesi.
Accade oggi, nell’epoca delle nuove tecnologie, della modernità e dell’intelligenza artificiale che, davanti a una crisi idrica senza fine, un sindaco come Salvatore Ruiu che ogni mattina, come lui stesso racconta, va a consegnare l’acqua di casa in casa, possa decidere di mollare davvero se a un certo punto si sente lasciato solo anche da mamma Regione. «Ho scritto, ma non protocollato le mie dimissioni – afferma brandendo il foglio in carta intestata come una spada – perché a un certo punto qualcuno aveva deciso di cambiare le regole. I cittadini non sarebbero più stati riforniti a casa loro, ma avrebbero dovuto raggiungere le autobotti con i bidoni in mano. Un disagio nel disagio, una follia. Se è vero che il fabbisogno per una famiglia di 4 persone è di 400 litri d’acqua al giorno per le varie necessità, ci si può immaginare cosa voglia dire».
Da qui l’arma del pensiero più brutto per un sindaco, lasciare la fascia tricolore: «Il nostro primo dovere è quello di proteggere la comunità che guidiamo – ribadisce – ma per farlo dobbiamo dare risposte. E certo non potevo dire ai miei concittadini, che l’acqua sarebbero dovuti andare a prendersela da soli. Noi che siamo stati già troppo restrittivi con un’ordinanza partita diversi mesi fa e dichiarando lo stato di calamità naturale in modo da avere aiuti nel più breve tempo possibile».
Dimissioni non protocollate, ma che restano sulla scrivania: «Si perché l’assessorato all’Ambiente è intervenuto subito e nell’arco di due ore, le regole sono tornate quelle di prima. Ma sarei pronto a lasciare se le cose cambiassero ancora. È un mese che non rientro a casa e che non riposo neanche per un’ora. Mi sono sentito inerme davanti al mio dovere». I numeri del disagio a Posada: «Solo ieri 21 consegne d’acqua per un totale di 41mila litri tra case, attività produttive, turistiche e le campagne. Qui l’acqua manca per davvero, basti pensare che da quando si fanno le rilevazioni sul rio Posada, da 120 anni, non è mai stato vuoto come ora».
Il problema sul breve è stato risolto, ma le previsioni sono da bollino nero: «Ad agosto rischiamo di non avere acqua potabile. Stiamo studiando soluzioni, tipo i dissalatori, ma Regione e Abbanoa dovranno impegnarsi. Nel mentre, noi combattiamo con disagi collaterali, oggi, ad esempio, il centro storico è senz’acqua perché si è rotto il potabilizzatore». È davvero una situazione da film fantascientifico. Posada e Saturno mai stati così vicini per ambientazione, ma oggi, elmetto da fante romano e fascia tricolore, Barore il sindaco sarà ancora in prima linea nelle case della sua gente.