La Nuova Sardegna

Le indagini

Gli investigatori su Raimondo Gaspa: «È diabolico prima confessò, poi negò tutto»

Gli investigatori su Raimondo Gaspa: «È diabolico prima confessò, poi negò tutto»

Sferrò 51 coltellate all’urologa, poi tentò di bruciare il cadavere

17 giugno 2024
3 MINUTI DI LETTURA





Sassari Gli investigatori di allora lo definivano “diabolico”, Raimondo Gaspa. Uno capace di recitare a memoria il copione, di negare persino l’evidenza e di ignorare tutto quello che aveva raccontato nei minimi dettagli poco prima. Uno organizzato, cinico e pronto a “puntare la preda” senza mollarla mai fino alla fine.

L’allora procuratore capo della Repubblica di Sassari Giuseppe Porqueddu - magistrato di grande esperienza e di valore - e il responsabile della sezione omicidi della questura di Sassari Peppino Pinna - protagonista di tanti casi risolti - raccolsero la sua confessione in piena notte, alle 3 del mattino, in un serrato confronto nella cella del carcere di San Sebastiano.

Lui raccontò tutto d’un fiato l’omicidio di Monica Moretti, comprese alcune telefonate il cui contenuto poteva essere conosciuto solo da una persona presente in casa in quel momento, anche perché quelle conversazioni non erano state ancora diffuse e di fatto erano segrete. E Raimondo Gaspa aveva potuto sentirle nascosto sotto il letto mentre la dottoressa telefonava. Poi il coltello utilizzato per colpire ripetutamente, 51 volte, Monica Moretti. Raimondo Gaspa raccontò che l’arma gli era stata messa a disposizione da un suo amico macellaio che la consegnò avvolta in una pagina del quotidiano La Nuova Sardegna. E in effetti il foglio del giornale venne poi trovato sul pianerottolo della casa della vittima. Una ulteriore prova tra le altre raccolte, soprattutto perché la perquisizione effettuata dagli investigatori permise di recuperare il giornale al quale mancava la pagina strappata per avvolgere il coltello e poi ritrovata sul luogo del femminicidio.

Dettagli chiari e inconfutabili inseriti in una confessione arricchita da una serie di riscontri da parte degli investigatori che fin da subito si mossero decisi verso Raimondo Gaspa. Ma lui dopo un po’ aveva ritrattato tutto negando di essere l’autore dell’omicidio di Monica Moretti e di avere poi tentato di distruggere il corpo con il fuoco.

Nel corso di una serrata attività investigativa, gli inquirenti misero insieme tutte le parti di un mosaico accusativo che portò Raimondo Gaspa prima verso l’ergastolo e poi - con la riforma della sentenza da parte della Cassazione - alla condanna a 30 anni.

Decine di testimonianze quelle raccolte dagli esperti della sezione omicidi che avevano ricostruito tutto il piano premeditato di Raimondo Gaspa che dopo essere stato ricoverato in Urologia non voleva più andare via nonostante il suo ricovero non fosse più necessario. Il personale sanitario aveva raccontato che chiedeva in continuazione della dottoressa Moretti, dei turni e degli orari, della casa dove abitava. (g.baz.)

Primo piano
Il toto-nomi

Capodanno a tutti i costi: Comuni dell’isola a caccia di artisti e senza badare a spese

di Serena Lullia
Le nostre iniziative