La Nuova Sardegna

L’intervista

La maturità di Bianca Pitzorno: «All’Azuni era una festa»

di Andrea Sini
La maturità di Bianca Pitzorno: «All’Azuni era una festa»

Il ricordo della scrittrice sassarese

18 giugno 2024
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Sassari «Non ho ricordi di incubi, preoccupazioni e neppure emozioni particolari. Quello era un periodo talmente gioioso e pieno di attività della mia vita, che i ricordi dell’esame di maturità in sé hanno finito per dissolversi. Per fortuna nella mia mente è rimasto quasi tutto il resto». Bianca Pitzorno, scrittrice sassarese di 81 anni, ha ottenuto la maturità nel 1961 nel “mitico” liceo Azuni.

«Il nostro era un liceo già famoso – racconta oggi dalla sua casa di Milano –, dove avevano studiato Berlinguer e Cossiga, Antonio Segni e i suoi figli, Saragat di passaggio a Sassari per motivi di lavoro del padre. E che successivamente avrebbe aumentato la sua fama in modo più frivolo ospitando Enrica Bonaccorti ed Elisabetta Canalis. Ai miei tempi si sosteneva l’esame in tutte le materie; il programma comprendeva tutto quanto era stato svolto nell’ultimo anno. E in aggiunta, per ogni materia, si presentavano due argomenti svolti nei due anni precedenti. Una mole di nozioni davvero abbondante. La tradizione vuole che gli studenti di terza liceo in quell’anno dedicassero tutto il loro tempo a uno studio matto e disperatissimo, che vivessero come eremiti evitando ogni distrazione, che si facesse notte per i ripassi, aiutandosi con litri di caffè se non con pastiglie di simpamina comprate clandestinamente. Ebbene, io in tutto questo non mi riconosco affatto».

Nessun patema d’animo? «No, e per varie ragioni. La prima è che in quei cinque anni ebbi la fortuna di trovare insegnanti talmente bravi, da Manlio Brigaglia a Margherita Sechi, che a quel punto la preparazione era davvero solida. Così per tutta la terza liceo io e le compagne della nostra classe tutta femminile, proseguimmo la nostra vita normale, senza rinunciare a festicciole casalinghe, mascherate di Carnevale, spedizioni in campagna. Mettemmo persino in scena a scopo benefico una commedia musicale intitolata Un marziano alla corte di Maicifù. Io ero l’autrice del testo, ne curai la regia, dipinsi i fondali su vecchie lenzuola».

«Ci fu poi un terzo fatto – ricorda ancora la scrittrice –. Quell’anno ci toccò di svolgere un tema su ‘l’Unità d’Europa’. Verso Pasqua arrivò la notizia che con il mio tema avevo vinto questo premio, che ritirai a Torino in occasione dei festeggiamenti per i 100 anni dell’unità d’Italia. Lì venni a sapere che per l’estate ci sarebbe stato un ulteriore premio: con il gruppo dei vincitori sarebbe andati in Francia per due settimane. L’attesa e l’emozione per questo evento avrebbero cancellato l’esame. Che affrontai spavaldamente, e andò benissimo, ma la mia testa era ormai altrove».

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