La Nuova Sardegna

Pro e contro

Autonomia differenziata: per alcuni «La Sardegna verrà penalizzata», per altri «E' una grande opportunità per tutti»

di Andrea Sini
Il ministro Calderoli
Il ministro Calderoli

Polemiche dopo l’approvazione del Ddl Calderoli Parlamentari isolani divisi: «Condannati alla povertà». «Occasione da sfruttare»

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Sassari Un disastro per i cittadini sardi, una iattura. Anzi no, una grande opportunità, che va saputa cogliere al volo sfruttandone le grandi potenzialità. Il tema dell’autonomia differenziata continua a dividere la politica e crea un solco sempre più profondo tra i rappresentanti di maggioranza e opposizione. Anche e soprattutto in Parlamento, dove martedì la bagarre è durata sino a tarda notte e si è conclusa con l’approvazione definitiva: dopo l’ok del Senato, la Camera ha dato il via libera al ddl Calderoli. «È un attentato alla specialità della Sardegna – ha tuonato la governatrice Alessandra Todde – una norma che spaccherà l’Italia, indebolendo il Sud e aumentando il divario tra le Regioni». Ma cosa ne pensano i parlamentari sardi?

Opposizione infuriata «Hanno forzato le regole parlamentari per imporre una seduta fiume e votare, nottetempo e non alla luce del sole, un’autonomia differenziata senza paracadute – dice Silvio Lai, deputato del Pd –. Sanità, assistenza, scuola, ambiente non avranno le risorse necessarie in egual misura in ogni parte del territorio. Cresceranno le disuguaglianze, aumenterà la precarietà, si innescheranno nuovi conflitti sociali. Per la Sardegna è un colpo durissimo che rischia di ampliare ancora di più il divario con il resto della penisola sia per quanto riguarda le infrastrutture che per la qualità dei servizi essenziali. A chi dice che la Sardegna è al sicuro perché è una regione a statuto speciale rispondiamo che le risorse per la nostra isola vengono dalla dimensione nazionale, se queste si riducono saranno di meno anche per la Sardegna, come d'altronde è successo negli anni scorsi di fronte alla crisi economica». L’autonomia differenziata voluta dalla Lega, e accettata più o meno ben volentieri dal resto della maggioranza, è destinata a creare un Paese disegnato per i più ricchi».

«Un caso unico in Europa – prosegue Lai –, che prende il peggio dei vari sistemi di decentramento e li riassume in un pasticcio creato solo per soddisfare l'avidità di regioni che hanno già uno sviluppo economico migliore del resto del Paese. Cresceranno le disuguaglianze, aumenterà la precarietà, si innescheranno nuovi conflitti sociali. Continueremo a dare battaglia in Parlamento per impedire l'approvazione definitiva delle altre riforme costituzionali e porteremo nelle piazze il disagio di quanti la vivranno sulla loro pelle».

«Da oggi avremo un`Italia divisa in due, o meglio in venti – rincara la dose la senatrice Sabrina Licheri (M5S) –, dove le Regioni più ricche continueranno a prosperare e quelle più fragili saranno condannate alla povertà. La maggioranza non solo spacca il Paese ma, soprattutto, rompe il patto di coesione sociale e di sussidiarietà alla base di ogni paese civile. Quello che si prospetta oggi, senza più alcuna rete di sostegno, è che milioni di famiglie che già rinunciano a curarsi per mancanza di risorse, dovranno anche scegliere se fare la spesa o pagare le bollette, perché ogni Regione farà da sé. Tutto questo alla vigilia del secondo turno elettorale per proprio tornaconto personale. Davvero l`unità del Paese vale così poco?».

Francesca Ghirra (Avs) sottolinea: «Abbiamo votato contro il disegno di legge sull’autonomia differenziata perché difendiamo la nostra sana e robusta Costituzione. E anche se nelle aule parlamentari non abbiamo la maggioranza, sconfiggeremo il loro piano per smantellare il nostro sistema democratico».

La maggioranza rilancia «Mi sembrano toni fuori contesto rispetto a quello che stiamo andando ad approvare, cioè una legge ordinaria che può essere sempre migliorata – dice Antonello “sasso” Deidda, deputato di Fdi –. Da sardo autonomista, quale sono, dico che la nostra isola non ha niente da temere da questa legge e per questo ho suggerito alla presidente Todde di mettersi al lavoro perché con questa legge si può fare tanto per gli interessi della Sardegna. L’impianto di questa legge era stato portato davanti dai governi Conte e dal governo Drahi, del quale lei faceva parte. Non ci sono differenze strutturali rispetto a quell’enunciato, abbiamo anzi migliorato la norma introducendo i Lep. In ogni caso gli step sono tanti e in ognuno di questi le regioni possono incidere. Resta il principio che la Sardegna, che già è una regione a statuto speciale non può mettersi contro altre regioni che chiedono maggiore autonomia».

«La governatrice Todde dimostra di non aver studiato – rincara la dose Dario Giagoni (Lega) –, punta il dito contro il governo nazionale, perché non ha un progetto per far ripartire la Sardegna. Quindi dovrebbe prendere questa legge e iniziare a rivedere l’intesa col governo centrale. L’autonomia differenziata non lede le regioni a statuto speciale. E non è anticostituzionale, lo stesso articolo 5 della Costituzione riconosce e promuove le autonomie locali. Il principio di coesione economica territoriale è garantito anche in riferimento all’insularità».

«Bisogna fare un’operazione verità – avverte Pietro Pittalis (Forza Italia) –. Il governo e il ministro Calderoli non hanno fatto altro che riprendere un’impostazione già fatta propria da altri governi: Gentiloni, Conte 1 e 2, Draghi. L’iter è proseguito senza che nessuno si stracciasse le vesti né gridasse al golpe istituzionale, o paventasse un disegno di scardinamento dell’unità d’Italia. Invito tutti a riportare nell’ambito proprio di una discussione corretta ed evitare polemiche strumentali. Si può cambiare idea ma qui siamo alla parodia del paradosso da parte di certi esponenti del centrosinistra e del M5S. Per la Sardegna è venuto il momento di rilanciare la nostra autonomia e adeguarla alle nuove necessità dettate dai tempi. Estendo alla presidente Todde e a tutte le forze politiche l’idea di un’assemblea costituente per rinegoziare il patto tra la nostra regione e lo Stato. Se sapremo dialogare e trovare ragioni di unità potremo ottenere buoni frutti, anche attraverso questo nuovo decreto».

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