La Nuova Sardegna

Sanità malata

I medici di famiglia sardi: «Il Cup è un disastro e ci complica il lavoro»

di Luigi Soriga
I medici di famiglia sardi: «Il Cup è un disastro e ci complica il lavoro»

Antonello Desole: «Appuntamenti a 6 mesi, è intollerabile». Lo specialista: «Eppure nei nostri pc vediamo date libere»

26 giugno 2024
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Sassari La prima vittima del Cup sono i pazienti: sballottati da nord a sud dell’isola per essere curati. La seconda però sono i medici di famiglia. Perché nel momento in cui un utente non trova risposte dal centro di prenotazione, è come una pedina costretta a ripartire dal via, ovvero dall’ambulatorio del proprio medico di base: «Dottò, ho chiamato ieri e mi hanno dato appuntamento a dicembre. Ma non aveva priorità breve? E adesso come la mettiamo?».

Di queste lamentele, Antonello Desole, medico di medicina generale e presidente per la provincia di Sassari della Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg), ne riceve all’ordine del giorno. Dice: «Il Cup per noi è un disastro. Non funziona, non dà adeguate risposte ai pazienti, soprattutto a quelli del nord dell’isola, e la frustrazione e il disagio degli utenti ricade sulle nostre spalle». E continua: «Sapete talvolta qual è la soluzione proposta dall’operatore del cup al paziente per ovviare a 6 mesi di attesa per un appuntamento? Si faccia fare dal suo medico una prescrizione urgente, così gliela possiamo dare subito. Forte di questa aspettativa, il paziente poi bussa da noi, con l’assurda pretesa che da breve o differibile la prescrizione diventi urgente. Cosa che non avverrà mai, perché non siamo così folli da togliere un posto a una persona che ha reale necessità di una visita nell’arco di qualche giorno. Dovrebbe essere il Cup al servizio dei pazienti e dei medici, e non il contrario».

Secondo Desole c’è proprio un cortocircuito nella gestione del Cup: «L’acronimo significa Centro unico di prenotazione. Ma di unico ha solo il nome. Perché a livello operativo parliamo di 24 diramazioni, cioè di un Cup per ogni distretto delle Asl (21) e per ogni Aou. Gestire questa struttura capillare va a scapito della trasparenza, e non si riesce a individuare dove il sistema si ingolfi e dove siano localizzate le criticità. Non è ammissibile che il Cup disattenda completamente i Rao, cioè i raggruppamenti di attesa omogenei, e dia risposte con ritardi di sei mesi o un anno. Ci sono patologie che non tollerano queste tempistiche. A questo punto sarebbe molto meglio introdurre dei Cup dedicati. Mi spiego: un Cup oncologico, un Cup cardiologico, un Cup diabetologico, ciascuno con una propria specialità. Forse, operando fuori dal calderone generalizzato delle prestazioni, si riuscirebbe a organizzare le agende con più precisione».

Questa inefficienza del Cup è confermata dall’esperienza di un medico di una struttura pubblica, che per ovvie ragioni non può apparire con nome e cognome: «I pazienti molto spesso non riescono a prenotarsi anche se noi medici vediamo sulla schermata del Sisar tanti appuntamenti disponibili. Queste date libere spesso non vengono occupate e prenotate perché le impegnative formulate non concordano con i Rao. Un sistema malato che di fatto rende pazienti e medico ostaggio di ottusa burocrazia, e che dovrebbe essere rivisto con l’ottica di offrire il migliore servizio in tempi dignitosi, magari adeguando la prenotazione in sede Cup, senza mettere in croce il paziente, il familiare, il medico. Lo specialista inoltre non ha la possibilità di prenotare direttamente i controlli, né di “forzare” le agende». E questo è un ulteriore problema, che secondo i medici di base andrebbe risolto: «Quando mando un paziente da uno specialista – dice Desole – è più logico che sia il collega a poter prenotare direttamente il controllo successivo. Che senso ha rimandarlo da me, e che sia io a fare una nuova prescrizione per il Cup?».

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