La Nuova Sardegna

La situazione

Liste d’attesa infinite ma gli screening gratuiti funzionano solo al 50%

di Serena Lullia
Liste d’attesa infinite ma gli screening gratuiti funzionano solo al 50%

La senologa Nonnis: «Senza una adeguata prevenzione, certe prestazioni aumentano e le risposte sono in ritardo»

27 giugno 2024
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Sassari La sanità sarda come un labirinto senza uscita. Da un lato le liste d’attesa per alcune visite sono talmente lunghe da sembrare eterne. Controlli che potrebbero salvare vite rinviate di mesi perché le agende sono chiuse, mancano specialisti, la prima disponibilità è a centinaia di chilometri. Percorsi ingolfati che colpiscono anche la prevenzione. Che però, nella sua versione programmata e gratuita, fatica a diventare un elemento culturale. Le campagne di screening gratis per due tra i tumori più diffusi e in crescita anche in Sardegna, al seno e al colon retto, impattano contro l’indifferenza. L’adesione a queste corsie preferenziali non arriva al 50%.

Una situazione complessa che emerge nell’analisi senza sconti di Rita Nonnis, chirurga senologa all’Aou di Sassari. «Parliamoci chiaro – dice –. La prevenzione è valida se inserita in un programma definito. Ma le campagne di screening gratuite, finanziate con milioni di euro, per il tumore al seno e al colon retto, hanno una adesione molto bassa. Pari al 50%. Manca la cultura della prevenzione. Salvo poi scoprire la presenza di un nodulo e dover quindi prenotare i controlli, doversi mettere in lista d’attesa o rivolgersi ad altre strutture».

Due dati su cui riflettere. 55mila diagnosi di tumore alla mammella in Italia nel 2023. 1500 in Sardegna. In alcune regioni d’Italia l’adesione ai percorsi di prevenzione arriva anche al 90%. Lo screening gratuito per il tumore al seno prevede una mammografia ogni due anni per donne tra i 50 e i 69 anni. Si chiama il numero verde «anche e soprattutto in assenza di sintomi e si prenota gratuitamente la visita. Teoricamente bisognerebbe ricevere la lettera con l’appuntamento. Ma a volte non arriva o non viene consegnata all’indirizzo giusto. La mammografia viene letta da due specialisti. Se c’è qualche problema la donna viene richiamata per approfondimenti». Stesso sistema per la prevenzione del colon retto. Non esiste invece uno screening organizzato per il tumore al polmone, il terzo più diffuso. E sono sparite anche le campagne anti-fumo. «Senza prevenzione è normale che le richieste di prestazioni di un certo tipo aumentino», aggiunge Nonnis. Che ammette il profondo generale squilibrio tra domanda e offerta, che trova la sua sintesi nelle liste d’attesa. «Occorre agire su due livelli, su offerta e domanda. Sulla prima è necessario riorganizzare l’esistente delle prestazioni e monitorarle. Se non si monitora non si sa realmente quante vanno a buon fine. Monitorare vuol dire valutare quante sono previste, quante vengono realmente erogate perché spesso i pazienti non si presentano, perché hanno cambiato idea o non ne hanno più necessità. Succede così che liste di attesa lunghissime non corrispondano a prestazioni realmente erogate».

C’è poi un aspetto più culturale su cui ragionare. «L’ appropriatezza della domanda. Talvolta non basta andare dal medico e sentire un suo parere. Si ha comunque la pretesa di fare analisi o visite strumentali sulla base di un sintomo o delle proprie paure. Internet, che ha un’ azione positiva in linea generale perché consente di informarsi, utilizzato in modo incontrollato crea bisogni non reali. La verifica continua dello stato di salute è un fatto culturale dei nostri tempi ed è una delle cause dell’aumento della domanda». A cui si aggiungono le mancate assunzioni di medici per anni che hanno desertificato ospedali e ambulatori. Senza dimenticare il peso della medicina difensiva. «Giusto che se un medico sbaglia paghi – conclude Nonnis –. Ma gli attacchi generalizzati ai medici, il loro timore di essere denunciati, li spingono a prescrivere controlli talvolta non necessari».

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