Altri 40 milioni destinati alla sanità sarda
Interventi nell’ultima manovra scaturiti da nuove entrate statali
Cagliari La prima riforma della sanità, oltre l’architettura istituzionale e le scelte gestionali, passa necessariamente per i soldi. Il bilancio della Regione dedica una aliquota importante dei suoi fondi oltre 4 miliardi di euro al sistema salute. Ma non bastano, né basteranno in futuro se crescerà la responsabilità diretta delle Regioni nel finanziare il sistema sanitario regionale.
Spostare i fondi da un capitolo all’altro del comparto sanità è quasi un atto dovuto, in una fase di profonde trasformazioni e nuove emergenze come questa.
Non sorprende quindi se nella scorsa manovra di variazione di bilancio approvata venerdì dalla giunta un quota significativa sia stata destinata alla sanità.
Si tratta di 40 milioni di euro per il triennio, di cui 28 nel primo anno. Di questi 12 milioni sono necessari per coprire il saldo 2022 della mobilità passiva, ossia tutte le prestazioni sanitarie di cui i pazienti sardi hanno usufruito nelle regioni del resto della penisola. 5,440 milioni di euro sono destinati ad acquistare prestazioni sanitarie per l’assistenza ospedaliera e ambulatoriale da privati accreditati con l’obiettivo di ridurre le liste d’attesa. 1,4 milioni di euro sono le risorse necessarie per pagare le prestazioni fornite dal personale sanitario durante l’emergenza Covid; 3,2 milioni sono i fondi destinati come contributi a favore delle persone affette da fibromialgia; 1 milione e mezzo di euro andrà invece a soddisfare l’intero fabbisogno rappresentato dagli enti locali per i nidi gratis.
I fondi destinati alla sanità, arrivati da maggiori entrate spettanti alla Regione dallo stato non inserite nel bilancio di previsione comprenderanno anche una somma superiore ai cinque milioni di euro destinati ad abbattere le liste d’attesa. Questa somma sarà divisa tra le Asl, ma difficilmente servirà a ridurre significativamente il carico di prestazioni inevase.
Continua invece a provocare polemica politica la irrituale pubblicizzazione di una bozza di riforma del sistema sanitario e l’appello che l’assessore Armando Bartolazzi ha rivolto ai sindaci del nuorese. L’appello non è stato gradito dal consigliere regionale di Fdi Corrado Meloni, che ha parlato di «clima di incertezza», dopo le parole dell’assessore ai sindaci. Analoghe critiche dal presidente della commissione Sanità alla Camera dei deputati Ugo Cappellacci.
La prossima settimana invece il confronto sul primo atto di riforma del sistema sanitario avrà un primo passaggio in riunione di maggioranza, per poi produrre un testo condiviso da presentare in giunta e successivamente al Consiglio.
Non sarà un testo corposo come la bozza che sta circolando tra gli addetti ai lavori, ma un testo asciutto e composto di alcuni elementi, che interviene sulle prime riconosciute criticità, toccando anche il processo decisionale che con la riforma ha visto, accanto alle tradizionali Asl prendere corpo anche la Asl “Zero”, la Ares, l’azienda regionale per i servizi sanitari, oggetto di critiche trasversali tra i partiti.
La leggina dovrebbe contenere elementi che toglieranno competenze sul personale e patrimonio da Ares per ritrasferirle alle Asl. Questo passaggio giustificherebbe il commissariamento di tutte le Asl e delle aziende universitarie e la nomina di commissari graditi all’attuale maggioranza. Come hanno ammesso i consiglieri di maggioranza, il sistema sanitario sardo si regge se i direttori delle aziende eseguono e applicano le direttive della parte politica. In questi venti anni, a ogni cambio di maggioranza ha seguito un cambio, immediato a diluito nel tempo, dei manager delle aziende sanitarie. Come se il sistema non potesse fare a meno di un filo diretto tra gestione quotidiana e indirizzo politico.
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