La Nuova Sardegna

Ambiente

Addio al carbone, nel 2025 stop anche a Fiumesanto

di Giuseppe Centore
Addio al carbone, nel 2025 stop anche a Fiumesanto

Non solo l’Enel: il governo anticipa la chiusura di una delle centrali Ep Gli stabilimenti rimarranno operativi per i casi di emergenza

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Cagliari L’addio al carbone per la Sardegna passa per la chiusura di un gruppo di produzione a Fiume Santo (Ep) e uno a Portovesme (Enel) ad aprile del 2025.

È quanto prevede il governo che ha inviato nei giorni scorsi a Bruxelles il nuovo Piano per l’energia e il Clima. Un corpo documento, impegnativo anche giuridicamente, che per la Sardegna prevede ad aprile 2025 lo spegnimento di una capacità a carbone pari a 445 megawatt di potenza, a condizione che entrino in esercizio le batterie assegnate ad Enel due anni fa.

Dove si spegnerà? Il documento non lo dice, ma ambienti vicini al dossier confermano, anche per gli incastri dei numeri, che l’interruttore sarà girato nel terzo gruppo di Portoscuso, Enel, e in uno dei due gruppi di Fiume Santo, Ep.

Questi due impianti adesso marciano non al massimo della loro potenza. Il Sulcis viaggia a 140 megawatt di potenza, il gruppo di Ep poco sopra i 200. Il gruppo di Portoscuso è in marcia quando i due principali sono fermi, ed è quello che impiega meno di cento addetti, che verrebbero spostati sugli altri due gruppi. La potenza spegnibile quindi al sud è di 180 megawatt, al nord è di 265 megawatt, corrispondenti alla quota indicata da governo e diversi mesi fa prevista da Terna, il gestore della rete elettrica.

Lo spegnimento è legato all’attività delle batterie di Enel, che da parte sua assicura ufficiosamente che entro dicembre 2024 saranno in esercizio batterie per oltre 700 megawatt di potenza, quindi ben più di quelle previste dal governo.

Impossibile avere reazioni ufficiali dalle due società, anche perché nel mare di documenti ufficiali di questi mesi, le contraddizioni prevalgono. Ad esempio Ep Produzione si è vista riconoscere un sistema di remunerazione dei costi di adeguamento dell’impianto per tutto il 2025 con richiesta all’autorità anche per il 2026. Terna a questa richiesta ha scritto che l’impianto di Fiume Santo «sarà ragionevolmente essenziale per il biennio 2025-26».

Questi due elementi, la possibile chiusura ad aprile e i contributi dati sino a tutto il 2026 per Fiume Santo, non si conciliano, ma devono essere letti per quello che sono.

Governo e Terna si tengono le mani libere, e se da un lato spingono per lo spegnimento, dall’altro si preparano ad ammettere che, se per qualunque motivo questo non si possa fare, si dovrà andare avanti come adesso.

Eppure il governo cita nel Pniec anche le azioni compensative per il sud Sardegna, con l’ingresso dei lavoratori, a centrale del tutto spenta, nei piani europei per la transizione energetica. E proprio per questo le reazioni degli osservatori interessati al dossier vedono i due player assumere posizioni proprie rispetto alle indicazioni del governo, tra chi mette nel conto la chiusura perché ha le batterie (Enel) e chi invece vuole capire cosa succederà da qui al prossimo aprile e se veramente a quella data arriveranno comunicazioni di Terna che chiedono lo spegnimento di uno dei due gruppi (Ep). In ogni caso lo “spegnimento” delle centrali a carbone, in una fase di incertezza, legata anche per il secondo step all’entrata in esercizio del T-Link, nel 2029, non comporta l’abbandono né degli impianti né tantomeno del sito. Le centrali rimarranno ancora come riserva, pronte a entrare in esercizio in caso di emergenze e sino a che il sistema sardo, sempre più connesso a quello continentale, non sarà stabile. La stabilità passa per tre elementi dichiarati: il rafforzamento della rete interna ed esterna dalla Sardegna e la crescita elevatissima di impianti di accumulo: batterie e idroelettrico. Il terzo è una centrale a gas come riserva di sistema. Dove? In teoria a nord.

Visto che le rinnovabili sostituiranno il cuore del sistema, il governo e Terna pensano sempre più alle batterie. Gli impianti di rinnovabili anche se come potenza sono di più delle fonti fossili, come capacità sono molto più deboli. Proprio perché sole e vento oggi ci sono e domani no. La loro capacità è di circa un quarto di quella teorica. Per avere un gigawatt di rinnovabili più o meno sicuri servono almeno 4 gigawatt di potenza. Più questo numero sale, maggiore è la sicurezza, basata anche su tante, ma proprio tante, batterie o altri sistemi di accumulo, che devono essere in grado di sostenere il sistema anche nelle impreviste fermate. Un sistema organico prevede per la Sardegna senza carbone una decina di gigawatt di potenza da rinnovabili, ben più dei 6,2 da installare secondo il decreto del governo già in Gazzetta Ufficiale. E una capacità di batterie molto elevata, pari ad almeno a 5 gigawatt. Oggi ne sono state autorizzate poco più di 1.




 

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