La Nuova Sardegna

Commercio

I saldi non cancellano la crisi: nell’isola chiudono 1500 negozi all’anno

di Claudio Zoccheddu
I saldi non cancellano la crisi: nell’isola chiudono 1500 negozi all’anno

Casu, Confcommercio: «Attività stritolate dalla grande distribuzione». Bolognese, Confesercenti: «Le regole penalizzano i piccoli esercizi»

05 luglio 2024
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Sassari Un tempo erano l’occasione perfetta per fare affari, per gli esercenti e per i clienti. I commercianti “chiudevano” la stagione con gli ultimi incassi delle collezioni estive, i clienti potevano finalmente concretizzare gli acquisti dei capi che avevano adocchiato a inizio estate. Il più classico dei “win-win”, cioè entrambe le parti erano soddisfatte. Oggi, per quanto riguarda i negozianti, i saldi hanno quasi il peso dell’ultimo desiderio di un condannato mentre sono l’ennesima occasione d’acquisto per i clienti che, ormai, sono bersagliati da offerte, occasioni, svendite organizzate dalle grandi catene, sia fisicamente sia online. Una rivoluzione che ha prodotto la crisi dei piccoli esercizi commerciali, una specie in via d'estinzione, ormai stritolata dalla concorrenza degli orari continuati dei centri commerciali e dalle infinite vie dell’e-commerce, il commercio online.

Le associazioni La preoccupazione è evidente anche tra i ranghi delle associazioni di categoria, e non potrebbe essere altrimenti: «Ogni giorno vengono chiusi in media 5 negozi – spiega Roberto Bolognese, presidente regionale di Confesercenti – in un anno, invece, le chiusure sono circa 1500. È un fenomeno inquietante solo parzialmente mitigato dal fatto che su 5 negozi che chiudono ne aprono 3. Anche perché i nuovi negozi hanno un orizzonte abbastanza limitato e nei primi 5 anni chiudono più della metà». In una situazione di questo tipo, anche i saldi non riescono a garantire l’ossigeno necessario: «Avrebbero senso se ci fossero regole giuste, rispettate da tutti, piccoli e grandi – continua Bolognese – Se il piccolo negozio, come recita la legge, facesse una svendita promozionale nei 40 giorni che precedono i saldi, riceverebbe una multa compresa tra i mille e i 3mila euro. Cifre che sarebbero difficilmente ammortizzabili da un piccolo esercizio. Il problema è che la legge è uguale per tutti. Anche per le grandi catene e per i grandi magazzini che, ormai, quando lanciano la campagna pubblicitaria mettono nel conto delle spese anche le multe. E vanno avanti. Per questo diciamo che le legge deve essere cambiata per essere modulata in base alle caratteristiche dei negozi. Inoltre, non capiamo perché vengano chiamati “saldi di fine stagione”. L’estate è iniziata si e no dieci giorni fa e chiunque faccia commercio sa che bisogna vendere prima si svendere, al contrario si comprometterebbe la sostenibilità economica».

Cambiando associazione e referente, il risultato non varia. Bastianino Casu, presidente di Confcommercio, manifesta altrettante perplessità sui saldi: «Il trend generale racconta un grande pessimismo diffuso tra gli esercenti. I saldi ormai sono un tentativo disperato per cercare di sopravvivere. Lo capiamo molto bene perché, oltre all’e-commerce e all’invadenza di Amazon, il mercato di oggi è il frutto di una deregulation che risale a quando si è deciso di fare aprire i negozi, a prescindere dai piani comunali. Per questo ci sono state aperture indiscriminate che non hanno tenuto conto della realtà. L’altro fattore importante è che la deregulation non si è verificata solo per il numero delle aperture ma anche per gli orari. Quando si concede di aprire a tutte le ore, i piccoli negozi restano spiazzati e non possono competere. Siamo a favore delle liberalizzazione, ma se i risultati sono questi forse è il caso di fare qualche riflessione. Diversamente non potremo nemmeno lamentarci se, soprattutto nei piccoli centri, continueranno a spegnersi le insegne e alle fine si spegneranno anche i paesi». La ricetta, dunque, può essere solo una: «Rispettare ritmi e orari, fare chiusure domenicali a turno e contingentare gli orari continuati», conclude Casu.

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