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Politica

Autonomia differenziata, il sondaggio la boccia. Sì del nord Italia

di Luca Barbieri
Autonomia differenziata, il sondaggio la boccia. Sì del nord Italia

Il 41% degli intervistati contro la decisione del Governo. Prevalentemente vivono al Sud

06 luglio 2024
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 È senz’altro uno tra gli argomenti più dibattuti di queste settimane estive: parliamo della legge sulla Autonomia differenziata. E dagli elementi che emergono dal sondaggio realizzato da Emg Different – “Autonomia differenziata: conoscenza e percezione” – arriva un dato: per il campione intervistato la legge potrebbe aumentare il divario tra le regioni del nord e quelle del sud. Ma andiamo con ordine.

Il voto e il referendum All’interno dell’articolato sondaggio, partiamo subito dalla domanda clou, dal referendum, per cui l’affluenza stimata, si aggira attorno al 52%. Favorevole o contrario all’autonomia differenziata regionale? Il 31% del campione è favorevole, con la percentuale che arriva al 41 alla voce contrari; il 28% invece non indica una preferenza e – viene spiegato allora – proprio al netto della fascia che “non indica” la quota dei favorevoli passa al 42%. C’è poi un divario definito «significativo» tra i favorevoli residenti al centro-sud e il resto d’Italia: il 37% di chi risiede al centro-sud contro il 49% del nord.

La legge Passando ai contenuti, nel sondaggio realizzato da Emg Different circa sei intervistati su dieci dichiarano di aver sentito parlare di autonomia differenziata. Tra chi ne ha sentito parlare, la metà si dichiara «molto-abbastanza informato». Chi dice di non saperne nulla? L’11%. Tra i vari aspetti che affronta la legge, ce ne sono alcuni con i quali gli intervistati dal sondaggio sembrano più a loro agio. Poco più di un terzo quando deve inquadrare la legge sintetizza con la dicotomia «Autonomia delle Regioni-gestione autonoma delle Regioni». Tra gli aspetti meno conosciuti della legge – per il 38% degli intervistati – quelli che riguardano il tema dei Lep: i Livelli essenziali di prestazioni, quei criteri che «determinano il livello minimo che dev’essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale». L’aspetto con il quale c’è maggior dimestichezza – per il 56% – è quello sulle competenze che possono variare da regione a regione «in base a esigenze e caratteristiche locali». Quando però si parla di vantaggi della riforma gli intervistati fanno maggiormente fatica: più del 50% o non evidenzia vantaggi particolari o quantomeno non riesce a indicarne uno. Addirittura, il 70% circa trova uno svantaggio, invece. Quello “più gettonato”? Gli intervistati sottolineano l’aumento del «divario» tra nord e sud (il 36%); il 18% incalza: «Verranno accentuate le differenze tra regioni ricche e povere».

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