Parte da Porto Ferro la rivoluzione del salvamento a mare
Corrado Ughi e Mario Marfella: «La rescue bord perfetta per affrontare le onde»
Sassari Non poteva che partire da Porto Ferro, paradiso dei surfisti della costa nord-occidentale, l’appello di Corrado Ughi e Mario Marfella per rivoluzionare le tecniche di salvataggio in mare nell’isola. Il primo è il presidente della Vosma, la storica cooperativa che gestisce il salvamento a mare nelle spiagge del sassarese, il secondo è surfista e bagnino fra le onde oceaniche d’Australia. Sono loro gli organizzatori della masterclass che si svolgerà domani, 13 luglio, a Porto Ferro a partire dalle 8, con al centro le tecniche di utilizzo della rescue board. «Si tratta dell’attrezzatura che viene utilizzata di più al mondo quando bisogna effettuare dei salvataggi in condizioni di mare pericoloso e in presenza di onde» spiega Marfella, che fa il professional lifeguard nella meravigliosa Bondi Beach a Sidney, al centro di un reality televisivo sulla vita dei bagnini dall’altra parte del mondo. In sostanza, si tratta di una tavola da surf, rimaneggiata per essere utilizzata dai bagnini: «Dopo che gli australiani scoprirono il surf in America e lo portarono nella loro terra, introdussero queste modifiche ed è nata la rescue board».
Più lunga delle normali tavole da surf, fra i tre metri e i tre metri e mezzo, la tavola da salvataggio ha una importante capacità di galleggiamento e maniglie a cui si può aggrappare la persona in pericolo: «È in grado di affrontare il mare agitato molto più agevolmente rispetto alle attrezzature obbligatorie e che vengono utilizzate generalmente in Italia, come il pattino». È ancora più netto Corrado Ughi: «La costa Ovest della Sardegna non è come Rimini, qui il mare agitato è una condizione frequente e il pattino, anche se fa parte della dotazione obbligatoria del salvamento a mare, non serve quasi a nulla. E infatti noi usiamo la rescue board dagli anni Novanta. In archivio abbiamo centinaia e centinaia di schede di intervento, inviate anche a Comuni e Capitaneria: nel novanta percento dei casi siamo intervenuti con la tavola, nel 10 per cento con la moto d’acqua».
«Rispetto a quest’ultimo strumento, però, la rescue board ha un ulteriore vantaggio – spiega Marfella -, non c’è bisogno di un operatore specializzato per usarla». Certamente, però, c’è bisogno di imparare una tecnica di utilizzo che verrà appunto illustrata domani a Porto Ferro nel corso della masterclass. «Mostrerò le tecniche di posizionamento sulla tavola quando si tenta di raggiungere una persona in difficoltà, come destreggiarsi fra onde e correnti e come recuperare il bagnante in pericolo e riportarlo in spiaggia – spiega Marfella -. Con queste e altre iniziative speriamo di riuscire a sensibilizzare Capitanerie ed enti locale e introdurre anche in Italia l’obbligo di utilizzo della rescue board».
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