Sassari, piazza d’Italia come un teatro: l’Otello strega duemila spettatori
La città conferma il suo amore per la lirica: 1200 paganti, centinaia all’esterno. Tra il pubblico molti turisti, anche un coppia sudafricana in viaggio di nozze
Sassari Il vociare dei bambini che giocano, il brusio delle chiacchiere che si moltiplica fra i vari capannelli: piazza d’Italia è viva, sembra quasi un porto di mare come quello, sull’isola di Cipro, che ospita il primo atto dell’Otello di Giuseppe Verdi. Ma quando l’orchestra inizia a suonare, la piazza diventa un teatro. Gli occhi di duemila persone sono calamitati verso il palco, da dove Montano e Cassio osservano all’orizzonte, fra tuoni e lampi, i vessilli della flotta veneziana, guidata dal moro Otello, che ha appena sconfitto gli Ottomani.
Mancano dieci minuti alle 22 quando in piazza d’Italia comincia Otello, con la regia di Alberto Gazale e la direzione d’orchestra di Sergio Oliva. Dentro le transenne ci sono più di 1.200 poltroncine, occupate da un pubblico pagante che ha fatto sparire tutti i biglietti, venduti a un prezzo popolarissimo, in meno di 24 ore. Fuori, almeno un altro migliaio di sassaresi: «È bello anche perché ritrovi in piazza persone di ogni fascia sociale e generazione» commenta Ariana, che fa l’infermiera e arriva dall’Iran, ma a Sassari vive e lavora. «La musica mi piace, anche l’opera, ma mi sono incuriosita e ho deciso di venire quanto ho assistito alle prove qui in piazza». L’Iran dista più o meno 5mila chilometri dalla Sardegna, ma non bastano ad Ariana per aggiudicarsi il primato di spettatore che ha fatto più strada.
Un record che, probabilmente, va a Van, che di chilometri ne ha fatti quasi 12mila, dato che arriva dal Sud Africa. È in Sardegna in viaggio di nozze con la sua Liz, inglese, e hanno scoperto dell’Otello per caso. Ma non hanno perso un attimo a decidere come passare la serata, solo il tempo di attrezzarsi con sedie, una bottiglia di vino rosso e due calici. Lei è appassionata di opera, anche se non ne ha mai visto una rappresentata all’aperto, lui invece è un novizio: «Ma non avrei potuto immaginare un luogo migliore, per la mia prima volta» spiega in inglese. Eccolo, probabilmente, il primo risultato dell’opera in piazza: mettere insieme tanta gente diversa, che difficilmente si incontrerebbe. Poco distante dagli sposini c’è il signor Mario, sassarese doc: «Portatore del candeliere per 15 anni, poi obriere del gremio». La lirica non è che gli piaccia più di tanto, confida, ma c’è il nipote che canta stasera: «E io devo fare il tifo per lui, no? Ma in fondo, è un’occasione anche per conoscere qualcosa di nuovo».
Il significato di questa operazione lo compendiano bene Angela, sassarese, e Paolo, romano. Sono appassionati, ma non hanno fatto in tempo a comprare i biglietti, così si sono attrezzati anche loro con sgabelli e pazienza. «Beh, si vede lo stesso anche da qui, no? La lirica in piazza è bella perché può far tornare l’opera alla sua natura popolare, quella con cui è nata». Tutti intorno la piazza comincia ad animarsi fin dalle 20, grazie anche una brezza che tira un po’ via l’afa opprimente del giorno. I tavolini dei bar si trasformano in balconcini riservati, da dove seguire l’opera con un orecchio rivolto alla conversazione. E il salotto di Sassari, che l’anno scorso era diventato un circo ambulante con Pagliacci, si riempie di vita. Che l’esperienza si rifarà anche il prossimo anno, lo danno tutti per scontato. Ma la signora Mariuccia non vuole accontentarsi: «L’opera in piazza andrebbe fatta tutti gli anni, non solo una, ma almeno due volte». Un desiderio che potrebbe essere ascoltato.