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Stagionali sfruttati: «Sottopagati e in alloggi da incubo»

di Luigi Soriga
Stagionali sfruttati: «Sottopagati e in alloggi da incubo»

Il segretario Uil Ardau: «Già 20 denunce, mai capitato a luglio». Fuga dal settore: «Gli alberghi troveranno meno personale»

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Sassari Nei cassetti della Uil ci sono già una ventina di denunce. «E siamo solamente a luglio. In 27 anni da sindacalista una roba simile non l’avevo mai vista. I lavoratori in genere si facevano vivi a settembre, per contestare buste paga e sfruttamento, ma non a inizio estate. Non è per nulla un bel segnale. Significa che i problemi nel comparto del turismo si stanno acuendo e che gli stagionali sono esasperati».

Cristiano Ardau, segretario regionale della UilTucs Sardegna, vede la situazione di barman, camerieri, cuochi, lavapiatti, addetti al ricevimento, personale ai piani e di tutto l’esercito di soldati semplici del turismo, sempre più compromessa: «Tanta gente che scappa. Condizioni di lavoro insostenibili. E il gap tra la domanda delle strutture ricettive e l’offerta da parte del personale sta sempre aumentando. Di fronte a retribuzioni da 1100 euro al mese e condizioni di vitto e alloggio da terzo mondo, è normale che i grandi alberghi o i piccoli hotel trovino enormi difficoltà a reclutare stagionali».

Moltissimi giovani annusano l’aria di sfruttamento e scelgono altri mestieri più appetibili. E questo esodo rischia di mandare in ginocchio un intero settore: «Al più presto cercheremo di incontrare l’assessore al Turismo Cuccureddu per parlare di tavolo di crisi del comparto. Lo scenario è ben poco confortante: conosco diversi imprenditori che vorrebbero investire capitali per rilanciare i propri alberghi o le loro strutture, ma alla fine rinunciano perché resta sempre l’incognita della carenza di personale e della scarsa caratura professionale».

Questa è un’altra nota dolente, perché si rischia di compromettere la qualità dei servizi. Soprattutto durante il covid una larga fetta di stagionali con esperienza, ha preferito chiudere un capitolo e aprirne un altro, trovando lavoro in altri settori. Gli imprenditori del turismo ora si lamentano della scarsissima formazione delle nuove leve e della mancanza di corsi adeguati, anche organizzati dalla Regione.

«Se un giovane volesse studiare e acquisire competenze, i corsi non mancherebbero – sostiene Ardau – la domanda da porsi però è un’altra: perché un giovane dovrebbe perdere dei mesi a formarsi per poi poter lavorare a giugno, luglio, agosto e forse settembre, e con una retribuzione ridicola? Ne vale realmente la pena?».

Dai racconti che arrivano al sindacato Uil le condizioni sono deprimenti: «Le piccole realtà spesso cercano di abbassare i costi di gestione ricorrendo alle assunzioni in nero. Le strutture più grandi invece praticano l’elusione: assicurano il dipendente per un tot di ore, e poi compensano fuori busta. Però si parla di 12 ore di lavoro al giorno, con circa 70 ore mensili non inquadrate in busta paga. Alcune delle vertenze che porteremo avanti, ricalcano esattamente queste situazioni».

L’altra grande fregatura che prendono i lavoratori risponde alla voce vitto e alloggio compresi: «Ci hanno raccontato di giacigli, non di camere da letto. Con materassi vecchi e doghe sfondate. Oppure scarsa pulizia all’interno delle stanze, o ancora niente aria condizionata in queste giornate d’inferno. Questi, prima ancora delle retribuzioni, sono i motivi che determinano il fuggi fuggi generale dal comparto ricettivo. Perché i ragazzi toccano con mano la scarsa sensibilità nei loro confronti, e la sensazione di sfruttamento è ancora più evidente».

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