La Nuova Sardegna

La protesta

I sindaci sardi contro il governo: «L’autonomia è sotto attacco»

di Alessandro Pirina
I sindaci sardi contro il governo: «L’autonomia è sotto attacco»

Duro documento di 20 amministratori dopo l’impugnativa della legge regionale: «Fatto di una pericolosità inaudita, vogliono cancellare le nostre prerogative»

05 settembre 2024
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Sassari L’autonomia dell’isola è sotto attacco da parte del governo nazionale. Parola di venti sindaci sardi. Venti su 377, si dirà, ma in questo elenco ci sono i primi cittadini delle città più popolose dell’isola. Da Cagliari a Sassari, passando per Quartu, Alghero, Iglesias, ma anche Gavoi, Lula, Ossi, Guasila, Santu Lussurgiu. Tutti di area di centrosinistra, ma quasi tutti eletti nella tornata elettorale di appena tre mesi fa, e dunque con un freschissimo consenso elettorale.

Sotto accusa c’è la decisione del governo Meloni di impugnare la legge voluta dalla giunta Todde sulla moratoria di nuovi impianti eolici e fotovoltaici. «Il contenuto dell’impugnativa è di una gravità e pericolosità inaudita. Se la Corte Costituzionale dovesse accoglierla metterebbe la pietra tombale su quello che rimane della nostra autonomia speciale. Il tentativo è quello di cancellare, una volta per tutte, le nostre prerogative statutarie in materia urbanistica, paesaggistica, ambientale».

Il documento dei sindaci è durissimo nei confronti di Palazzo Chigi. «Il nostro Statuto di autonomia è una legge di rango costituzionale, che non può essere cancellata e mortificata da una impugnativa del Governo stilata da qualche zelante burocrate. Per bloccare l’efficacia della legge regionale il Governo è ricorso a uno strumento inusuale e straordinario: “la sospensione cautelare d’urgenza” della legge, in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale. Una procedura del tutto eccezionale visto che solo una volta nella storia repubblicana un Governo vi era ricorso per bloccare una normativa della Valle D’Aosta in materia di gestione e contenimento della pandemia da Covid».

Zedda, Mascia, Milia, Cacciotto e gli altri sedici sindaci vedono nell’azione del governo un doppio tentativo di annacquare l’automia speciale della Sardegna. Non solo l’impugnativa, ma anche il via libera all’autonomia differenziata contro cui la Regione Sardegna ha già presentato ricorso davanti alla Corte. «La nostra autonomia speciale è sotto attacco. Ci troviamo di fronte alla riproposizione di una “idea coloniale” del rapporto Stato-Regione incentrata su una inaccettabile gerarchia dei poteri. L’impugnativa del Governo fa il paio con la legge sulla Autonomia differenziata. Una legge che sancirà la secessione delle regioni ricche a scapito di quelle più povere; accentuerà le differenze territoriali; alimenterà le disuguaglianze dei cittadini rispetto a diritti costituzionalmente garantiti, quali la salute, l’istruzione, il lavoro, i trasporti. Mortificherà, sino a cancellarla, la nostra autonomia apeciale: le regioni ordinarie diventeranno molto speciali, quelle speciali molto ordinarie».

Il documento dei sindaci non è solo un atto d’accusa al governo, ma anche una proposta per rilanciare quella autonomia speciale che, a dire la verità, in questi oltre settant’anni non ha permesso alla Sardegna di ottenere grandi vantaggi. Anzi. «È arrivato il momento di avviare “una nuova fase costituente” della nostra autonomia speciale. Bisogna procedere senza indugi alla riscrittura dello Statuto. Rinegoziare il patto costituzionale che lega la Sardegna allo Stato italiano. Un patto tra uguali, senza vincoli gerarchici, che assicuri alla Sardegna più poteri su tutte quelle materie dove più arrogante e invadente è la presenza dello Stato: servitù militari, paesaggio, ambiente, energia, beni culturali, ruolo internazionale della Regione. Tutto questo deve avvenire attraverso un ampio coinvolgimento della società sarda: Giunta e Consiglio regionale, Comuni, Province, Aree metropolitane, il mondo della cultura e dell’Università, le forze sociali, i sindacati e le forze imprenditoriali, i partiti e i movimenti, i comitati spontanei, la Chiesa, il mondo giovanile. Una mobilitazione dal basso del popolo sardo che deve vedere protagonista la presidente della Regione, a cui i cittadini, il 25 di febbraio, hanno affidato la salvaguardia delle nostre prerogative autonomistiche, la difesa della nostra identità di popolo».

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