La Nuova Sardegna

Il parere

La psichiatra Alessandra Nivoli: «Violenza psicologica familiare dietro la strage di Nuoro»

di Alessandro Mele
La psichiatra Alessandra Nivoli: «Violenza psicologica familiare dietro la strage di Nuoro»

L’esperta interpreta i segnali nascosti nella vita di Roberto Gleboni: «Si nota la tendenza a un controllo che può essere classificato come patologia»

28 settembre 2024
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Nuoro «Basta leggere appena tre righe dalle cronache per capire che sullo sfondo del massacro di via Ichnusa, c’è un caso annoso di violenza psicologica familiare». Sulla strage di Monte Gurtei interviene, interpellata dalla Nuova Sardegna, la psichiatra sassarese Alessandra Nivoli, professoressa associata di psichiatria, direttrice della clinica psichiatrica dell’università di Sassari e responsabile dell’unità di Vittimologia, trauma e prevenzione della violenza.

Il parere «In riferimento alla strage di Nuoro, da un punto di vista dell’inquadramento generale – afferma la specialista –, l’omicidio multiplo viene definito mass murder secondo la clinica criminologica, ed è caratterizzato dal fatto che in un breve periodo di tempo, con grande partecipazione emotiva la persona uccide tanti individui, che siano conosciute o sconosciute». E ancora: «Per le notizie di cui disponiamo, l’autore della strage (Roberto Gleboni, ndr) viene descritto come una persona che non aveva precedenti accertati, né psichiatrici né legali. Ma anche come una persona tranquilla e gentile, ma con episodi di ira apparentemente immotivati. Si intravedono poi alcuni segni di irritabilità (i vicini raccontano episodi di contrasti). Una tendenza generale ad un controllo che sembrava avere i connotati di patologia, fuori e dentro la famiglia, di cui la moglie e la figlia maggiore erano oggetto privilegiato. Risultano inoltre dei comportamenti di manipolazione nei confronti della moglie: stando alla cronaca sembra che lui avesse attuato l’isolamento affettivo nei confronti della famiglia di lei, tipica espressione di una violenza psicologica».

«Una persona normale» «Difronte a questa affermazione – prosegue Alessandra Nivoli – gli specialisti rispondono che in realtà, se si potesse approfondire con il senno di poi la vita di quella persona, si troverebbero sempre dei segni premonitori legati alla violenza. È per questo che un’adeguata prevenzione ed educazione al rispetto reciproco è fondamentale».

Perché la famiglia? «In realtà la maggior parte degli omicidi ed espressioni di violenza avviene tra le mura domestiche. La famiglia di origine e la casa sono il posto in cui si impara ad amare o ad odiare sé stessi e il mondo. L’aggressività verso gli altri spesso si accompagna ad una grande aggressività verso sé stessi».

Mass murder «Un fenomeno frequente in certi paesi orientali, dove prende il nome di amok: un omicidio compiuto da una persona apparentemente serena, senza precedenti psichiatrici, né di violenza ed attuato improvvisamente, con manifestazioni eclatanti. Le persone manifestano questo “scoppio omicida” da una situazione di apparente tranquillità. Normalmente, dopo aver ucciso tendono ad uccidersi o a farsi uccidere». «In alcuni casi la psicopatologia più frequente è quella depressiva e paranoidea. Un individuo affetto da gravi forme di depressione vuole uccidersi e portare con sé i suoi cari. Oppure la tinta paranoide: quando l’individuo pensa che tutto il mondo gli sia ostile, che le persone non lo trattino come dovrebbero, oppure non lo amino abbastanza, e lui si vendica uccidendoli».

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