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In tribunale

Cin-Moby, Vincenzo Onorato e i figli patteggiano nel processo per bancarotta fraudolenta

Cin-Moby, Vincenzo Onorato e i figli patteggiano nel processo per bancarotta fraudolenta

La società era stata ammessa al concordato preventivo nel giugno 2021 ma secondo l’inchiesta gli armatori napoletani «depauperavano il patrimonio della Cin» privandola della «liquidità»

09 ottobre 2024
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Milano Vincenzo Onorato e i figli Achille e Alessandro Onorato hanno patteggiato pene da 2 a 3 anni e 10 mesi nel processo per bancarotta fraudolenta nella gestione del gruppo Compagnia di Navigazione Italiana - Moby (CIN). Assistiti dall’avvocato Pasquale Pantano hanno patteggiato rispettivamente 3 anni e 10 mesi per l’armatore e 2 anni con pena sospesa per i figli. La sentenza è stata emessa dal gup di Milano, Luigi Iannelli, con il parere favorevole del pm titolare Luigi Luzi.

La società era stata ammessa al concordato preventivo nel giugno 2021 ma secondo l’inchiesta condotta anche con l’aggiunto Roberto Fontana (oggi al Csm) gli armatori napoletani «depauperavano il patrimonio della CIN» privandola della «liquidità». Avrebbero messo in atto «condotte di dissipazione o distrazione» e un «sistematico drenaggio di risorse finanziarie a favore di Moby» la quale avrebbe dovuto far fronte «agli oneri finanziari» generati dalla stessa operazione con cui gli Onorato hanno assunto il controllo totalitario delle due società.

Oltre alla gestione societaria, che fra 2016 e 2018 portava a perdite complessive per 34,5 milioni e un patrimonio netto negativo per 76 milioni di euro già nel 2017, venivano contestate spese ed emolumenti personali. Fra cui il compenso di Vincenzo Onorato nel triennio 2016-2018, 3 milioni di euro all’anno, come presidente del cda. Una cifra ritenuta «manifestamente incongrua» rispetto ai «compensi pagati da società italiane operanti nel settore» della navigazione e «irragionevole» rispetto «all’andamento economico dell’impresa». Vi è l’acquisto nel luglio 2017 di un immobile a Milano in Piazza San Babila per 7 milioni di euro, 2 milioni in più del valore di mercato (640mila euro per spese notarili), utilizzato da Onorato per ripianare debiti personali verso le banche nonostante fosse stato falsamente indicato - secondo i pm - da una delibera del cda come immobile di «rappresentanza della società».

Tra le altre condotte contestate la compravendita e la ristrutturazione di Villa Lilium ad Arzachena in Sardegna (4,45 milioni di euro tra 2016 e 2019), ufficialmente sede di rappresentanza e convention, poi utilizzata come casa vacanze dalla famiglia. Nel «depauperamento del patrimonio» la Procura di Milano aveva inserito anche i 700mila euro per la ristrutturazione di una proprietà a Napoli della madre di Vincenzo Onorato, Maria Grazia Carminio, e altri 700mila per il noleggio di auto di lusso: Aston Martin V8, Roll Royce, Wraith, Mercedes SLK, Range Rover Velar, Maserati Levante. Altri 2,8 milioni di euro per il noleggio di un aereo Falcon 2000EX e 400mila per l’affitto di case a Milano. Infine i rapporti “privilegiati” al fine di favorire alcune banche facenti parti del cosiddetto «”pool finanziamenti bancari”». Secondo gli inquirenti sarebbero stati disposti nel corso del 2019 pagamenti per 54 milioni di euro - di cui 50 a titolo di restituzione del capitale - a vantaggio di J.P. Morgan Securities plc, Goldman Sachs International, Unicredit, Banca Imi, Monte dei Paschi, Popolare di Milano, Banca Popolare e Ubi, in violazione della legge fallimentare che vieta di eseguire pagamenti o simulare titoli di prelazione «prima o durante la procedura fallimentare» allo scopo di favorire «a danno dei creditori, taluno di essi».

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