La Nuova Sardegna

La sentenza

La Consulta boccia alcune norme sul riuso edilizio in Sardegna: ecco cosa cambia

La Consulta boccia alcune norme sul riuso edilizio in Sardegna: ecco cosa cambia

Cassate anche le novità che erano state introdotte sulle procedure degli appalti pubblici

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Cagliari La Corte costituzionale, con la sentenza n. 174, depositata oggi 7 novembre, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di due disposizioni della legge della Regione numero 17 del 2023, impugnate dal Governo. La prima disposizione (l’articolo 4, comma 1, lettera a, numero 1), modificando l'articolo 124, comma 2, della legge regionale numero 9 del 2023, prevede che gli interventi di riuso dei seminterrati, piani pilotis e locali al piano terra degli immobili destinati ad uso abitativo sono consentiti anche mediante il superamento degli indici volumetrici e dei limiti di altezza e numero dei piani previsti dalle vigenti disposizioni urbanistico-edilizie comunali e regionali. La Corte ha ritenuto che «una simile disciplina contrasta con la necessità che le deroghe agli indici di densità edilizia introdotte dal legislatore regionale siano connotate dall'eccezionalità e dalla temporaneità, nel rispetto del principio di pianificazione urbanistica espresso dall'articolo 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942. La disposizione impugnata è stata dichiarata illegittima nella parte in cui consente, in via stabile, di superare gli indici volumetrici, in violazione del suddetto principio, che limita la competenza legislativa regionale primaria in materia di “edilizia ed urbanistica” (art. 3, primo comma, lettera f, dello statuto)».

La seconda disposizione (art. 7, comma 16) inserisce nell'articolo 37 della legge regionale numero 8 del 2018 un nuovo comma 3-bis, prevedendo che nelle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa «costituisce requisito di ammissione dell'offerta tecnica il raggiungimento del punteggio minimo pari al 60 per cento del valore massimo attribuibile all'offerta tecnica stessa». La Corte ha ritenuto che «il legislatore regionale, imponendo un inderogabile punteggio minimo dell'offerta tecnica, abbia leso l'autonomia di scelta delle stazioni appaltanti, precludendo ad esse una diversa ponderazione dei criteri di valutazione delle offerte, in contrasto con l'articolo 108 del vigente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023). Di conseguenza, la disposizione impugnata ha superato i limiti che le norme di tale codice sulla scelta del contraente, adottate dallo Stato in nome della tutela della concorrenza, pongono alla potestà legislativa regionale primaria in materia di “lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione” (articolo 3, primo comma, lettera e, dello statuto)».

La Corte ha osservato che «la garanzia di un confronto concorrenziale effettivo necessita dell'autonomia delle stazioni appaltanti nella valutazione caso per caso della migliore offerta. Ha sottolineato, inoltre, che tale autonomia - anche al fine di favorire la concorrenza - è stata rafforzata dal nuovo codice dei contratti pubblici del 2023 rispetto alle precedenti sue versioni, come è chiaramente dimostrato dalle importanti norme contenute nei primi tre articoli del codice, dedicate ai “principi generali” che regolano la contrattualità pubblica: principio del risultato (articolo 1), principio della fiducia (articolo 2) e principio dell'accesso al mercato (articolo 3). L'autonomia delle stazioni appaltanti, dunque, risulta potenziata: limitarla significherebbe pregiudicare la competizione tra le imprese che aspirano all'aggiudicazione del contratto».

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