In Sardegna sette femminicidi in 11 mesi e preoccupano i “reati spia”
Cgil: tante donne non denunciano per paura delle conseguenze
Sassari Gli studi e le analisi sui femminicidi sono diventati molto più capillari negli ultimi anni: e questo è un bene. Perché i “reati spia” sono indicatori fondamentali – in molti casi vitali – nel tentativo di fermare un conteggio che invece continua a correre.
In Italia da gennaio a oggi le vittime sono 99, un’infinità. E la Sardegna ha dei numeri in triste crescita: 28 donne uccise per mano di un uomo negli ultimi sette anni, nel 2024 l’aumento è del 200 per cento rispetto a un anno fa. Sette vittime. Storie salite alla ribalta delle cronache. Quelle di Maria Atzeni, era il 25 febbraio, morta per mano del figlio a San Gavino, Francesca Deidda, scomparsa il 10 maggio da San Sperate, uccisa e nascosta in un borsone dal marito, Dolores Cannas, uccisa a Sinnai anche lei dal figlio il 16 giugno, Ignazia Tumatis, finita a coltellate dal marito, a Cagliari, il 22 giugno, e la strage di Nuoro del 25 settembre dove Roberto Gleboni ha ucciso cinque persone e si è tolto la vita. Tra le vittime, la moglie Giusi Massetti, la figlia Martina Gleboni e la madre, Maria Esterina Riccardi.
La situazione I dati che fanno da monito sono quelli sulle morti, ma c’è una serie di piccole grandi violenze che ogni giorno si insidia tra le mura domestiche o nei luoghi di lavoro. Violenze di genere di carattere psicologico, aggressioni fisiche e verbali, volontà di tarpare le ali ad ambizioni personali e di carriera.
Oltre allo spaventoso incremento percentuale sulle uccisioni, emerso da un’iniziativa organizzata dalla Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza, Carla Puligheddu, questa volta la Cgil con il suo centro studi regionale ha voluto concentrarsi proprio su tutti i soprusi, visibili e più nascosti, contro le donne.
La violenza sessuale, in tutte le sue forme, dopo la flessione del 2020, è costantemente cresciuta, con una incidenza di 11,18 violenze sessuali ogni 10 mila abitanti a livello nazionale, 9,37 in Sardegna. Un numero altissimo. Rapportato sul piano concreto, è come se ci fossero dieci donne che subiscono violenze sessuali tutte in un solo comune per proporzioni piccolo quanto Cabras. Le vittime, stando alle informazioni della Cgil, sono quasi tutte donne (oltre 9 su 10) e per questo reato cresce sensibilmente il dato relativo alle vittime minorenni, circa 3 su 10. Stando alle violenze denunciate alle autorità(omicidi volontari consumati, percosse, stalking, violenze sessuali), nel 2022 in Sardegna si contano 613 vittime: nel 52,3% dei casi è stato denunciato un atto persecutorio, in circa il 30% percosse e in quasi il 18% una violenza sessuale. Fonte Istat. Su questo, la segretaria regionale Cgil Francesca Nurra precisa: «È evidente si tratti di dati largamente sottodimensionati, perché purtroppo, in tanti casi, per paura di ripercussioni o addirittura di essere colpevolizzate dalla società o ancora mancanza di consapevolezza di essere vittime, tante donne non denunciano».
Lavoro Cultura patriarcale e vecchie concezioni: nell’isola più della metà delle persone tra i 18 e i 74 anni (il 51,7%) è in linea con lo stereotipo dei ruoli tradizionali di genere: uomo che esce la mattina presto per andare a lavorare, donna che si occupa delle faccende di casa e fa trovare il pranzo pronto.
Dunque, un sempreverde: il gap lavorativo che continua a vedere le persone di sesso femminile penalizzate e in una posizione di subordinazione economica. Osserva la Cgil che «il tasso di occupazione femminile in Sardegna si ferma al 49,1% mentre quello maschile è il 63% maschile. Inoltre, il lavoro femminile è più precario e part-time: la Sardegna è ai primi posti della classifica nazionale per percentuale di part time involontari. l’Inps certifica che nel settore privato le donne guadagnano al giorno 64,2 euro mentre gli uomini 83,8 euro».