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La Gymnasium non scende in campo: una sconfitta che batte il razzismo

di Alessandro Mele
La Gymnasium non scende in campo: una sconfitta che batte il razzismo

Il racconto di Ba dopo gli insulti: «Il momento più brutto della mia vita»

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Inviato a Usini Perdere non è mai stato così bello. Soprattutto quando serve a lanciare un messaggio sociale che evidentemente, nel 2024, necessita di essere tenuto ancora attuale: “No al razzismo”. Un messaggio urlato neanche tanto a bassa voce, ma pacificamente, sul campo di Usini, da calciatori e dirigenti della Gymnasium di Sassari contro la (in)giustizia sportiva. Anche a costo di non scendere in campo e di perdere 3-0 a tavolino.

Un segnale forte, vero, dopo quanto accaduto al termine della gara in trasferta contro la Folgore di Mamoiada di una settimana fa con un giudice sportivo che ha prima dato, poi annullato, un provvedimento di “partita a porte chiuse” alla Folgore inflitto dopo che un gruppo di suoi tifosi si era esibito in un horror show di insulti razzisti e ululati ai danni di Ba, 27 anni, attaccante della Gymnasium originario del Gambia. Un provvedimento sostituito con un anno di “messa alla prova”. Una sorta di sospensione condizionale che di fatto ha lasciato l’episodio di razzismo impunito.

«Visto che non ci ha pensato la giustizia sportiva, a dare un segnale ci abbiamo pensato noi – spiega il presidente della Gymansium, Fabrizio Usai –. Abbiamo deciso di fare rumore in maniera educata e rispettosa e di scendere in campo col numero minimo di 5 atleti con maglie e striscioni per dire no al razzismo. Non è un’azione pensata contro Mamoiada da dove ci sono stati vicini da subito, ma contro gli organi di controllo che dovrebbero tutelare tutti i tesserati a prescindere dall’etnia e invece fanno passare il tutto come che non sia accaduto. Le uniche vittime di tutto questo sono gli atleti e le società, mai i diretti responsabili. C’è da impegnarsi per individuarli per poi punirli non solo con gli strumenti previsti dalla legge, ma più efficacemente allontanandoli per sempre da tutti i campi, anche da quelli di provincia come questo».
 

Sul campo di Usini intorno a Ba si stringono tutti, anche gli avversari dell’Ebadottu che pur sapendo dell’iniziativa, si sono voluti presentare lo stesso in segno di solidarietà. Ba, che di mestiere fa il muratore e che a Sassari è arrivato tre anni fa, è emozionato anche se ancora molto scosso dopo l’episodio di razzismo a Mamoiada.

«Non mi piace, è stata l’esperienza più brutta della mia vita – racconta l’attaccante del Gambia –. Quello che ha accaduto domenica scorsa mi ha fatto male, queste cose sui campi da gioco non devono accadere mai più. Adesso sto un po’ meglio ed è tutto merito della società, del mister e dei miei compagni che mi hanno protetto e dato tanti consigli su come affrontare questa brutta faccenda».

Ma la faccenda ha colpito molto tutto lo spogliatoio del Gymnasium: «È diverso da come si vedono certe cose alla televisione, non auguro a nessuno di vivere l’esperienza che ci è capitata domenica scorsa – dice Roberto Cani, 25 anni, capitano della squadra –. Vedere Ba piangere è stato brutto, in 21 anni di calcio non avevo mai vissuto così tanta tristezza. Lo spogliatoio però è come una famiglia, da quel momento non ci siamo mai stancati di stare accanto al nostro compagno. Ma a nche i calciatori della Folgore sono stati incredibili, sono stati loro i primi a ribellarsi al razzismo».

E così il gesto del Gymnasium di scegliere di perdere 3-0 a tavolino pur di promuovere l’inclusione, in un lampo ha catapultato il calcio di provincia dalla Terza categoria alla Serie A, almeno sotto l’aspetto dei valori umani e sociali. «Continueremo a promuovere momenti di condivisione e promozione sociali – conclude il presidente Fabrizio Usai – anche dedicati ai portatori di disabilità. è l’unica strada utile a superare ignoranza e pregiudizi».

 

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