La Nuova Sardegna

Sanità

Bartolazzi: «Nessuna riforma, facciamo funzionare gli ospedali»

di Giuseppe Centore
Bartolazzi: «Nessuna riforma, facciamo funzionare gli ospedali»

L’assessore sottolinea: «Troppa polarizzazione su Cagliari e Sassari. L’Università si occupi delle strutture periferiche»

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Cagliari Riforma della sanità, la maggioranza prova a evitare il pantano, puntando su un obiettivo minimale: la riorganizzazione dei servizi. La nuova riunione di ieri pomeriggio, convocata dalla presidente della commissione salute del Consiglio regionale Carla Fundoni (Pd) con i partiti che sostengono la giunta, ha prodotto un primo risultato: nessuna riforma di sistema, ma «un confronto che riprenderà la prossima settimana – ha detto la Fundoni – sui temi, territorio, prevenzione, personale, liste d’attesa, che vanno affrontati adesso».

Nessuna proposta è stata presentata al tavolo. Le ipotesi di accorpamento e scorporo di funzioni di Asl e aziende non sono mai decollate. I partiti minori non ne vogliono sentir parlare, se non altro per i tempi necessari a tradurre in atti l’ennesimo processo di riorganizzazione, che peraltro, il sistema amministrativo regionale non sarebbe in grado di reggere. Sullo sfondo la partita, che non interessa agli utenti ma solo alla politica, della sostituzione dei vertici delle attuali Asl, espressione diretta e palese di partiti e gruppi del centro-destra. Una riforma profonda del sistema offrirebbe il destro per un colpo di spugna, ma renderebbe la macchina ingovernabile, a maggior ragione in un momento di profonda crisi del sistema sanitario sardo. Da qui il rischio di stallo, che ha un profondo fronte politico.

L’assessore alla sanità Armando Bartolazzi non riesce a riscuotere consensi tra i partiti di maggioranza. Per bene che vada è visto come un estraneo. Ma Bartolazzi è, ancora, strenuamente difeso dalla presidente Todde, che si fa forte del disegno di legge varato dalla giunta, che riforma senza stravolgere dalle fondamenta il governo della sanità nel territorio, per respingere la richiesta di sostituzione dell’assessore, che nelle prossime settimane dovrà affrontare anche il passaggio della mozione di sfiducia individuale presentata dal centrodestra in Consiglio. Il dibattito che ne scaturirà non produrrà sorprese, ma non rafforzerà l’assessore, che ieri ha cercato di uscire dall’angolo, anche a causa delle difficoltà di governo e di personale nelle quali operano gli uffici dell’assessorato alla sanità. L’occasione per sparigliare Bartolazzi l’ha avuta alla prima assemblea di Federsanità Anci Sardegna, la federazione tra enti locali e Asl, per favorire il confronto tra istituzioni. Bartolazzi non si è tirato indietro. «Tutti, a partire dalla presidente Daniela Falconi, hanno rivolto un appello affinché la casa comune della sanità per tutti i sardi venga costruita a partire dalle fondamenta, ovvero dalla rete sanitaria e socio assistenziale dei territori, piuttosto che attraverso ipotesi di riforma non aderenti esigenze di cura del cittadino. Lo ha già detto la presidente Todde e lo ribadisco anche io: non ci sarà nessuna nuova riforma sanitaria in Sardegna. Più che riformare occorre rifunzionalizzare quello che c’è. L’ospedale non può fare tutto, ma deve avere delle mission come nei paesi europei con modelli sanitari avanzati. Ogni struttura deve avere una o più mission. Occorre mettere in rete i centri che erogano prestazioni sanitarie complesse con gli altri che trattano complessità inferiori. Si parla di carenza di medici e di infermieri. Una delle principali criticità che ho riscontrato in Sardegna è la polarizzazione del personale medico-sanitario su Sassari e Cagliari. La soluzione è certamente da ricercarsi nella costruzione di una rete sanitaria territoriale efficiente ed efficace, anche attraverso l’allargamento della rete formativa. Avviene in tutte le regioni italiane». E qui Bartolazzi lancia una nuova proposta. «L’Università deve farsi carico degli ospedali periferici. Per far questo non bisogna necessariamente operare delle fusioni, tra ospedali ed Asl. Basta strutturare accordi e protocolli d’intesa. Tutti i medici in formazione nelle varie branche specialistiche devono poter muoversi verso gli ospedali interni». Poi uno dei punti fermi delle sue idee in questi mesi. «Bisogna portare in Sardegna gli Irccs (gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ndr), che sono presenti in tutta Italia tranne che nella nostra isola e in Calabria».

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