La Nuova Sardegna

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Fine vita, in Sardegna il disegno di legge si è arenato

di Andrea Sini
Fine vita, in Sardegna il disegno di legge si è arenato

Dopo il via libera della Toscana le associazioni si appellano al consiglio regionale

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Sassari La Toscana ha tagliato il traguardo per prima; le altre regioni stanno a guardare, o poco più. La battaglia sulla regolamentazione del fine vita fa segnare un punto importante a Firenze, dove il consiglio regionale ha approvato la proposta di legge “Liberi subito” promossa dall’associazione Luca Coscioni, che mira a dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo, definendo ruoli, procedure e tempi del servizio sanitario per verificare le condizioni e le modalità di accesso alla morte medicalmente assistita.

La proposta di legge è stata presentata in tutte le regioni, ma sinora nessuna era arrivata all’approvazione. A che punto è l’iter nella nostra isola? Cellula Sardegna e Cellula Coscioni Cagliari, diramazioni territoriali dell’associazione Luca Coscioni, allargano le braccia. «In Sardegna, la proposta di legge è stata depositata nel novembre 2024, con il sostegno dei gruppi di maggioranza in Consiglio Regionale, che in quella occasione avevano preannunciato che la legge sarebbe stata votata come primo provvedimento dell’anno, dopo il bilancio. Ad oggi però non è stato iniziato l’esame del provvedimento. Siamo consapevoli della situazione politica particolare che sta vivendo la Regione – sottolineano Laura Di Napoli, Gabriele Casanova, Valentina Campus –, ci auguriamo però che la conseguenza non sia quella di bloccare la legge “Liberi subito”. Chiediamo dunque che sia avviata al più presto la discussione nel Consiglio regionale per offrire a ogni cittadino le stesse garanzie e diritti, affinché il riconoscimento della dignità personale non resti un diritto esistente solo sulla carta, ostaggio di ostacoli burocratici e boicottaggi, ma diventi una realtà per l’intera comunità».

«Noi in Sardegna siamo ancora abbastanza indietro – dice Alessandra Pisu, docente di Biodiritto all’università di Cagliari e componente del direttivo dell’associazione Walter Piludu, impegnata da tempo in questa battaglia –. Siamo indietro nella formazione di comitati etici competenti anche su altri aspetti. Quanto avvenuto in Toscana rappresenta senz’altro un passo avanti importantissimo: da anni, visto il silenzio a livello nazionale, si cerca di sopperire alla carenza di una legge nazionale con norme di livello regionale».

In che modo una legge regionale può chiudere la falla esistente nell’ordinamento statale? «Dal 2019 c’è una sentenza ben nota della Corte Costituzionale, che ha aperto la strada al suicidio medicalmente assistito. La parte difficile è il passo successivo, perché mettere in pratica quel principio è complicato anche per i pazienti che hanno requisiti: mancano infatti norme attuative, procedurali, non è chiara la tempistica né chi deve fare cosa: la legge regionale completa il quadro normativo e consente di attuare questo diritto che teoricamente è riconosciuto da tempo ma che nella pratica resta di difficile attuazione. Nel caso della Toscana, impone ad esempio l’obbligo alla Asl, che sino a questo momento aveva sollevato obiezioni proprio sugli aspetti pratici».

Cosa accadrà ora in Sardegna? «I segnali, al di là dei ritardi, sono incoraggianti – sottolinea Alessandra Pisu –. Da un punto di vista tecnico-legale-giuridico ormai le idee sono chiare. Tanti studiosi si sono occupati del tema, ci sono sentenze dei giudici e il dibattito dura ormai da anni. La volontà politica sembra esserci, ma ci sono anche i tempi della politica e varie vicende, anche nello stesso campo della sanità, che hanno un po’ modificato l’ordine delle priorità. Ma ora ci attendiamo un cambio di passo deciso. Quello della Toscana è un precedente importante, ora anche noi dobbiamo metterci al passo».

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