La Nuova Sardegna

Il commento

Il racconto del professore Pierpaolo Scanu: «Colpito da un genitore, dico “no” a scuole militarizzate»

di Claudio Zoccheddu
Il racconto del professore Pierpaolo Scanu: «Colpito da un genitore, dico “no” a scuole militarizzate»

L’insegnante sassarese: «Più formazione contro i danni della pandemia»

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Sassari Due anni fa il suo caso aveva indignato tutta l’Italia. Lui, però, non si era arreso alla violenza del genitore che era entrato in una scuola di Arbus e lo aveva colpito con una testata in piena faccia. Tutto perché l’insegnante si era permesso di sgridare un ragazzo. Pierpaolo Scanu, ingegnere sassarese e insegnante di matematica, aveva ottenuto una bella ferita, 15 giorni di convalescenza e una convinzione sempre più forte: «Appena guarirò ritornerò a insegnare perché non può vincere la parte sbagliata del mondo».

Oggi, il prof è in cattedra come sempre e dopo una mattinata di lezione commenta l’annuncio del ministro Valditara sull’arresto in flagranza per gli adulti che aggrediscono il personale scolastico: «Non lo so, in questo caso direi che il problema è a monte. Chi può fare un arresto in flagranza? Nelle scuole non ci sono presidi di sicurezza. Ci sarà un carabiniere a mettere le manette ai genitori violenti. Fatico a crederci».

Il suo caso, poi, dimostra quale sia la realtà della scuola: «Dentro le scuole ci possono anche essere 400 persone, chi controlla che un ragazzo non chiami il padre con un telefono che non avrebbe dovuto avere, chi controlla che il padre non entri a scuola, non raggiunga il corridoio, non aggredisca un docente e poi non vada via? Si potrebbe fare solo con un presidio di pubblica sicurezza in ogni scuola ma prevedere una soluzione di questo tipo mi sembra una sorta di preludio alla vita in uno Stato di polizia. Perché dovrebbe essere la polizia a controllare chi entra a scuola, ciò che i ragazzi portano in classe ma anche se usano i materiali scolastici in maniera scorretta. Ecco – continua Scanu –, io credo che per aiutare davvero i docenti e il personale della scuola sia necessario gestire tutta la maleducazione precedente. Purtroppo questa condizione è diventata evidente dopo la pandemia, perché con la scuola online molti ragazzi hanno perso l’abitudine a vivere la socialità della scuola. Ci sono ragazzi che pensano che sia tutto dovuto, che credono di poter fare quello che vogliono. Così la scuola diventa un parco giochi. Ecco, bisognerebbe intervenire su questo».

Eppure, sembra che la politica sia piuttosto distratta sull’argomento: «Ritorno al mio caso che è accaduto in una scuola che può essere definita “di periferia”. Cioè una di quelle cose che la politica definisce “risorse per il territorio”, “baluardo dello sviluppo”, “presidio antispopolamento”. Tutte qualità sacrosante che sono anche, in parte, obiettivi della stessa istituzione scolastica. Però se i primi a fregarsene della scuola sono proprio i rappresentanti delle istituzioni o le persone che dovrebbero occuparsi della politiche amministrative... mi sembra ovvio che qualcosa non funzioni come dovrebbe».

Un altro esempio Scanu lo fa citando i servizi sociali: «Se fossero intervenuti come avrebbero dovuto, il mio caso non sarebbe accaduto. Purtroppo oggi c’è una cesura grossa tra le istituzioni scolastiche i servizi sociali che, invece, delegano tutto alla scuola». Dunque, secondo il docente, piuttosto che militarizzare le scuole, si dovrebbe lavorare in prospettiva: «Dalle scuole medie arrivano ragazzi che non sono scolarizzati e noi dobbiamo rifare daccapo un lavoro che doveva essere fatto prima. Forse sarebbe utile riformare il sistema che accompagna gli alunni dalla quinta elementare alla terza media in modo che si possano superare i danni fatti dalla pandemia. È vero oggi sono molto importanti le politiche di inclusione scolastica, la didattica è più personalizzata e dico anche che per noi è una bella sfida, faticosa ma stimolante, si lavora sia sul singolo sia sul gruppo e questo lavoro porta anche tante cose buone ma non basta». Sui lavori socialmente utili, anche Scanu ha qualche dubbio: «Possono funzionare in qualche caso ma ci vorrebbero appoggi esterni. Servono enti che se ne occupino, associazioni, aziende e luoghi di lavoro adatto. La vedo una cosa complicata. Sarebbe più facile e più efficiente riaprire il doposcuola, purché abbia una buona offerta formativa».

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