Pcl: piano regionale per fermare la crisi dell’edilizia
OZIERI. «Costringere la Regione a sbloccare i miliardi fermi nelle banche e trasformarli in occasioni di crescita e di lavoro». Questa la rivendicazione degli edili sardi emersa dalle recenti...
OZIERI. «Costringere la Regione a sbloccare i miliardi fermi nelle banche e trasformarli in occasioni di crescita e di lavoro». Questa la rivendicazione degli edili sardi emersa dalle recenti iniziative di mobilitazione e fatta propria dalla sezione provinciale di Sassari del Partito Comunista dei Lavoratori.
La rivendicazione fa il paio con quella portata avanti dagli operatori del settore agricolo e zootecnico strozzati dalle banche e che corrono il rischio - avveratosi nel territorio del Logudoro - di subire l’esproprio delle proprie aziende in seguito alla vendita in asta giudiziaria. Le imprese edili, così come quelle agricole, sono strette nella morsa creditizia, e pertanto richiedono a loro volta un intervento della Regione e annunciano, così come i pastori e gli agricoltori, una mobilitazione che però, come dicono dalla segreteria del Pcl, «deve essere preparata con dibattiti nei comuni e con prese di posizione dei consigli comunali e dei sindaci». Il settore pubblico può e deve salvare l’impresa edile, e facendolo otterrebbe il duplice obiettivo di salvare il lavoro e migliorare la qualità della vita dei cittadini.
«Il settore edile - si legge infatti in una nota del partito - è devastato dalla crisi del grande capitale bancario e industriale e ciò aumenta lo sfruttamento e il ricatto occupazionale. Noi comunisti proponiamo al dibattito e alla lotta degli edili di rivendicare un piano regionale dell’edilizia per ottenere le bonifiche ambientali necessarie per mettere un argine alla distruzione della salute (si vedano le statistiche sui decessi per cancro); la messa in sicurezza delle scuole e degli edifici pubblici, di strade, gallerie e ponti e quella idrogeologica del territorio; la ristrutturazione condotta con rigore scientifico e creatività artistica dei centri storici dei paesi, al fine di ripopolarli. Queste opere devono essere fatte con investimenti pubblici e gestiti da un’agenzia regionale che sia posta sotto il controllo degli organismi democratici dei lavoratori». (b.m.)