PARLIAMONE - Stefano Masala deve tornare a casa
Un gruppo su Facebook per cercare di arrivare al maggior numero di persone possibili. “Vogliamo Stefano a casa”: tre parole e una vocale per ricordare - a pochi giorni dalla commemorazione dei defunti - che c’è ancora un ragazzo, chissà dove, che non ha avuto degna sepoltura. E i suoi cari che lo piangono da oltre un anno - solo immaginando che cosa possa essere accaduto - non hanno avuto neppure il diritto di fissare un luogo dove deporre un fiore per ricordarlo.
Stefano Masala di Nule manca da casa dalla sera del 7 maggio 2015, e la sua scomparsa (solo in parte misteriosa, almeno a vedere gli sviluppi dell’inchiesta giudiziaria) è collegata alla morte di Gianluca Monni, il 18enne di Orune ucciso a fucilate la mattina seguente mentre aspettava l’autobus per andare a scuola. Oggi non è importante ricostruire la storia delle indagini, i retroscena, le decisioni assunte dalla magistratura. E neppure quello che succederà dopo in un’aula di Tribunale a chi andrà a giudizio. Ogni cosa seguirà il suo corso, a tutti verranno garantiti i diritti. Quello che conta oggi è restituire, anche da morto, un figlio alla sua famiglia. C’è gente che sa, qualcun altro che può immaginare, forse anche chi è depositario di segreti. Ciascuno ha il dovere di compiere un gesto semplice: dare un segno che consenta di individuare il luogo (che non può essere lontano) dove si trova il corpo di Stefano Masala.
La pace tra i consigli comunali e le amministrazioni pubbliche di Orune e Nule è una bella testimonianza che aiuta a comprendere i percorsi della vita. E ciascuno farà i conti con la propria coscienza prima che con la giustizia. Ma a nessuno può essere consentito di ignorare l’appello di una madre (quella di Stefano Masala in punto di morte) - ribadito tutti i giorni dagli altri familiari - per chiedere a chi sa di dire la verità. Di indicare il punto dove si trova Stefano. Tutti ormai dicono “il corpo di Stefano Masala”, nel senso che si cerca un morto perché da un anno e mezzo non c’è stato neppure un piccolo particolare, un messaggio che aiutasse a difendere una seppure piccola speranza.
Si cerca un cadavere che non si trova. E basterebbe solo un aiuto, anche in forma anonima per scoprire quel luogo.
Nella triste storia dei delitti di Orune e Nule c’è chi può scrivere ancora una pagina di responsabilità e di dignità umana. Una delle foto più belle di Stefano Masala è quella con il sorriso innocente che esprime la semplicità e al tempo stesso la debolezza di una persona buona che non avrebbe mai fatto del male a nessuno.
Quell’immagine è arrivata per mesi in tutte le case, e fare finta di niente è un atto di vigliaccheria.