La Nuova Sardegna

SASSARI. Al giudice lo ha detto chiaramente e senza pudore: «Io la amavo così tanto da accettare persino che si prostituisse in casa nostra». È il racconto di un marito finito a processo con l’accusa di aver indotto sua moglie a prostituirsi. Nel 2013 il pubblico ministero ne aveva chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio sostenendo che l’uomo obbligasse la moglie a fare sesso a pagamento «convincendola del fatto che quella fosse l’unica soluzione ai loro problemi finanziari» e contemporaneamente «ne sfruttava i proventi economici». Un’accusa nata in seguito alla denuncia presentata dalla stessa donna che aveva raccontato di essere vittima del coniuge.

E così l’uomo, difeso dall’avvocato Carlo Pinna Parpaglia, è stato processato con rito abbreviato davanti al giudice Antonello Spanu che due giorni fa lo ha assolto dall’accusa «perché il fatto non sussiste». Durante l’udienza l’imputato è stato sottoposto a esame e ha fornito tutt’altra versione dei fatti: «Io non l’ho costretta, è stata una libera scelta di mia moglie che io ho subìto e sopportato solo per amore». Da carnefice a vittima, in sintesi, di una situazione che si consumava tra le mura domestiche. L’avvocato Pinna Parpaglia nella sua discussione ha spiegato come dell’organizzazione degli incontri con altri uomini e anche degli annunci si sia «sempre voluta occupare la donna» e che «fu lei stessa a chiedere al marito la separazione perché voleva continuare a “lavorare” senza essere sposata. Oltretutto i numeri di telefono dei clienti erano memorizzati nella rubrica del cellulare della donna con aggettivi molto confidenziali».

Il giudice ha accolto la tesi difensiva e anche il pm Emanuela Greco che ne ha chiesto a sua volta l’assoluzione.