Simon Mossa, i tesori della sua produzione in un documentario
L’opera è stata realizzata dal figlio più piccolo Pietro Alla base ci sono i materiali trovati nella casa di famiglia
SASSARI. Un giorno si potrà dire: Antonio Simon Mossa è stato il più grande architetto sardo del Novecento. Quell’uomo, che sino a ieri è stato celebrato per il suo contributo intellettuale e politico alla crescita dell’isola, è stato molto di più. La sintesi di quel che ha rappresentato è nella sua poderosa opera progettuale. Se questo un giorno si potrà dire è merito della fortuna. Quella che ha permesso a Laura Piras, etnoantropologa con studi all’Act multimedia di Cinecittà, ad Andrea Faedda, architetto con l’amore per la politica, e a Pietro Simon Mossa, il più piccolo dei figli di Antonio, di incontrarsi. È stata la loro passione a innescare una straordinaria attività di ricerca che oggi restituisce alla Sardegna e non solo una figura estremamente nuova, innovativa, di una modernità straordinaria. È l’Antonio Simon Mossa architetto - prima ancora che politico, storico e intellettuale - quello che confluirà in “Tutto per la causa”, il documentario che Laura Piras sta realizzando, di cui è protagonista Pietro Simon Mossa e che si baserà sull’archivio di cui Andrea Faedda è stato ispiratore, in qualche modo. «Quando era ragazzino si svegliava per andare a scuola, svegliava anche la sorella, esclamava “Tutto per la causa”, e andava via», raccontano i tre. La fortuna c’entra anche qui. Quella di aver incontrato la sorella di Simon Mossa, Angela, prima che anche lei morisse. In un’intervista inedita ed esclusiva, ha raccontato quell’aneddoto a Laura Piras, accendendo la sua curiosità. Che ha incontrato terreno fertile in Andrea Faedda, che già condivideva il pensiero politico di Simon Mossa e si è lasciato incuriosire dalla figura di un architetto di cui si sapeva poco. Le loro domande hanno trovato domicilio a casa di Pietro Simon Mossa, che quando il padre è morto aveva solo 11 anni. «Il fulcro di tutta la storia è la casa di famiglia, dove vivo - racconta lui - nel 2010 ne ho preso possesso e ho iniziato a svuotarla, ma prima ho controllato tutto quello che c’era e ho trovato un tesoro inedito». Vere e proprie chicche. «Corrispondenza, soggetti cinematografici, la sceneggiatura completa del film “Vento di terra”, con cui nel 1940 vinse i Littoriali della Cultura e dell’arte - prosegue Pietro - e anche il manoscritto di “Pujerra”, il nome che papà diede ad Alghero, dove è ambientato questo romanzo storico inedito, dove è possibile riconoscere, pur se travisati da nomi di fantasia, Sassari, Cagliari e alcuni personaggi politici del tempo». Lo scorso anno Pietro, stimolato ancora da Laura Piras e Andrea Faedda, ha rispolverato il materiale che dal 1971 - quando è morto il padre - era rimasto nello studio professionale di via Oriani. Sono venuti fuori oltre 400 progetti: opere pubbliche e vere e proprie utopie, che raccontano la sua idea del mondo, i suoi viaggi, il razionalismo dei primi anni che lascia spazio all’approccio mediterraneo, la Costa Smeralda intesa come un grande villaggio di pescatori, bello e accogliente ma popolato da pescatori. E il progetto per il centro intermodale di Sassari, di fronte all’emiciclo Garibaldi, mai realizzato, l’aeroporto di Alghero, l’ospedale marino e un’altra serie di disegni a mano di rara precisione. Con la digitalizzazione di tutto questo materiale si è messa in moto l’associazione “Mastros”, di cui Pietro Simon Mossa è presidente e di cui fanno parte, insieme a Laura Piras e Andrea Faedda, una ventina di persone, quasi tutti ex allievi di Architettura ad Alghero. Grazie al loro lavoro quel patrimonio è ancora vivo e ancora più attuale. Per fortuna. Ancora una volta. Ma di tutti.