Tempo prolungato, isola cenerentola: garantito a quattro alunni su 100
In Baronia un comitato di genitori sollecita l’erogazione del servizio. In caso contrario alcuni bambini saranno trasferiti in altre scuole
SASSARI. È difficile capire perché al Nord Italia il tempo pieno sia una normalità e nell’isola una eccezione da ottenere (forse) dopo appelli, petizioni e proteste. Risulta incomprensibile anche il fatto che in una scuola a cento chilometri di distanza tutti i bambini di tutte le classi della Primaria possano stare a scuola sino alle 16. Eppure accade. E la spiegazione è sempre la stessa: mancano i fondi e mancano le risorse umane, cioè docenti e personale ausiliario, per garantire il servizio. Dito puntato contro il Ministero che tiene i cordoni della borsa stretti. Ma anche verso la Regione che, a detta delle famiglie, dovrebbe provvedere almeno in parte con risorse proprie come fanno da altre parti: per esempio in Trentino Alto Adige, regione a statuto speciale come la Sardegna.
La questione suscita un allarme crescente, perché da più parti, nell’isola, sale la protesta da parte di comitati di genitori. Che chiedono l’avvio del tempo pieno per varie ragioni. Uno di questi comitati si è formato in Baronia e riunisce i genitori dei bambini che frequentano la scuola primaria nell’istituto comprensivo di Irgoli-Loculi-Onifai. Hanno scritto lettere all’ufficio scolastico regionale e provinciale, ai sindaci dei Comuni coinvolti, all’assessore regionale alla Pubblica istruzione. Precisano di avere chiesto l’attivazione del tempo pieno al momento dell’iscrizione e pretendono che la loro volontà sia rispettata. Altrimenti si troveranno costretti a cambiare scuola, trasferendo i figli in centri più grossi – per esempio Nuoro – dove il tempo pieno, pur se in poche classi, è garantito.
«Non vorremmo farlo ma saremo costretti – spiegano alcune mamme – perché oltre che genitori siamo anche lavoratori. E i tempi del nostro lavoro – in alcuni casi lontano dal paese di residenza – non si conciliano con quelli della scuola a tempo normale». Ma non solo: i componenti del comitato sottolineano quanto la Sardegna sia indietro rispetto alla maggior parte delle altre regioni dove il tempo pieno è garantito: «Evidentemente perché hanno capito quanto siano importanti le 40 ore sia per la didattica sia per la socializzazione, così come indicato dallo stesso Ministero. Non solo: in una regione come la nostra dove la dispersione scolastica è altissima, il tempo pieno aiuta a combatterla perché migliora il rapporto tra il bambino e la scuola». C’è anche un’altra ragione: non è giusto delegare ai genitori la fase dei compiti a casa, chi lavora non ha la possibilità di seguire al meglio nello studio i propri figli.
«Si tratta di una parte essenziale della didattica – dicono i componenti del comitato – che la scuola deve essere in grado di garantire». Poi le critiche alla Regione: «Se il Ministero non lo fa, deve intervenire con fondi propri. I laboratori di Tutti a iscol@ sono un’ottima iniziativa ma non risolvono il problema, soprattutto perché non sono aperti a tutti».
In attesa di risposte, i genitori per precauzione hanno presentato domanda di iscrizione in altre scuole. A malincuore sono pronti a lasciare i propri paesi già aggrediti dallo spopolamento. (si. sa.)