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Sassari, il muro seicentesco di lu Càimini vecciu cade a pezzi

Giovanni Bua
Sassari, il muro seicentesco di lu Càimini vecciu cade a pezzi

Parte della struttura in via Repubblica Romana è già crollata. Ambiente Sassari chiede aiuto a Soprintendenza e Comune

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SASSARI. Il vecchio muro seicentesco in via Repubblica Romana, con tanto di nicchia di Madonna, ultimo segno che rimane della chiesetta annessa al convento del Carmine extra muros, sta crollando. Una parte è venuta giù la notte tra il 13 e 14 gennaio. E le antiche pietre squadrate sono addossate a un leccio secolare, visibili dalla strada attraverso la breccia che si è aperta.

Un vero dramma, considerando che il muro seicentesco, sopravvissuto alla demolizione settecentesca del “convento dei contrabbandieri”, e alle vicissitudini dei secoli successivi, ha un enorme valore storico. Non foss’altro perché ha permesso allo studioso Piero Atzori di riportare alla luce la storia, e la reale collocazione, di un luogo misterioso quando leggendario: lu Càimini vecciu, il primo convento dei carmelitani a Sassari, nato nel 1692 e dismesso nel 1765 per disposizione regia, come misura anticontrabbando alla quale a quanto pare i frati dell’epoca, schiacciati dalle decime e dalla nobilità parassitaria, si dedicavano con impegno.

Una storia affascinante, scoperta cercando di salvare un altro monumento cittadino, che sorge nella stessa zona che è al centro da anni di una furiosa battaglia da parte di un gruppo di residenti e associazioni (in particolare il Comitato “Ambiente Sassari”) che l’hanno “salvato” dal cemento e lavorano per trasformarlo in un parco pubblico: l’area dell’ex orto botanico vicino al Meridda.

E proprio il poderoso lavoro fatto per ricostruire la storia dell’ex orto botanico ha permesso di riportare alla luce la vicenda di lu Càimini vecciu, e del muro con nicchia di madonna visibile in via Repubblica Romana, che servì nel 1903 per addossarvi la serra dell’Orto Botanico.

Serra e muro sono interni all’area destinata a parco pubblico. Il “muro”, già segnalato alla Soprintendenza, lungo circa quindici metri, alto quattro, con orientamento est-ovest (nel rispetto della regola che vuole l’abside rivolto a est), è dunque ciò che rimane della chiesetta seicentesca annessa al convento del Carmine extra muros. Ma ora perde pezzi e rischia di crollare definitivamente senza immediati interventi di consolidamento.

Il comitato si è da tempo attivato per chiedere la tutela della soprintendenza, e per convincere l’amministrazione (che nel Puc ha cambiato la destinazione dell’area riportandola a uso pubblico) a creare un giardino aperto alla città, per il quale lo stesso comitato ha già donato un progetto. E che potrebbe diventare un “parco della memoria”, visto che a pochi metri di distanza sorgevano le “forche vecchie”, dove vennero giustiziati i protagonisti, spesso dimenticati, dei moti angioyani. Un concentrato di storia cittadina, che non merita davvero di essere lasciato nel più totale abbandono.

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