Anche gli adulti hanno bisogno di sognare il lieto fine
di Alessia Franzil
Lasciate che i bambini credano nelle favole. Non insistete nel leggere ogni notte una storia diversa se vi chiedono sempre la loro preferita. Non meravigliatevi quando, piangendo, la notte tireranno...
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Lasciate che i bambini credano nelle favole. Non insistete nel leggere ogni notte una storia diversa se vi chiedono sempre la loro preferita. Non meravigliatevi quando, piangendo, la notte tireranno le coperte del vostro lettone pregandovi di lasciarli dormire con voi perché hanno paura del drago malefico.
Da piccoli abbiamo bisogno della magia, dei sogni e del classico finale «e vissero per sempre felici e contenti». Però una volta diventati grandi dobbiamo affrontare la realtá. Ma se invece esistesse un modo per vivere ancora dentro una favola? Non solo c’è, ma a causa del Covid 19 è diventato anche il nostro solo contatto con il mondo esterno. Ed ecco che il lettone di mamma e papà assume un significato tutto nuovo, con la differenza che il drago non ci intimorisce più tanto rispetto alla solitudine.
In questa seconda dimensione, in questa realtá immaginaria in cui tutti vivono davvero felici e contenti, ci sentiamo liberi di esprimere noi stessi, o meglio di documentare la nostra vita con attimi di serenità impressi nel tempo. Queste immagini contribuiscono a creare la nostra favola insieme a tutto ciò che tempestivamente condividiamo su noi stessi e sul nostro pensiero.
Ma è possibile conservare la nostra identità se condividiamo solo i momenti migliori della nostra giornata e i lati universalmente apprezzabili di noi stessi? Lo è nel momento in cui siamo consapevoli che si tratta solo di un altra maschera pirandelliana. I social, infatti, non sono lo specchio della nostra realtà, ma piuttosto l’immagine virtuale ancora più contorta e filtrata del nostro ruolo all’interno della società stessa. Anche se consapevoli, in questa finzione universalmente condivisa ci sentiamo al sicuro.
E allora mi chiedo se forse delle favole non abbiano bisogno anche i grandi.
Anche se nelle fate e nei draghi abbiamo smesso di credere da tempo, ancora permane la nostra fisiologica necessità di finzione. Il motivo per cui anche se reclusi in questa torre continuiamo a condividere ovunque la nostra felicità, è che non siamo più capaci di distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è più. La nostra quotidianità non ci ha mai fatto così paura. Ormai schiavi di una nuova routine, ci chiediamo come sarà quando questa frivola favola che continuiamo a raccontare giungerà al suo lieto fine e i social saranno di nuovo solo da cornice.
Alessia Franzil ha 16 anni e frequenta il liceo classico Azuni, corso logico filosofico
Da piccoli abbiamo bisogno della magia, dei sogni e del classico finale «e vissero per sempre felici e contenti». Però una volta diventati grandi dobbiamo affrontare la realtá. Ma se invece esistesse un modo per vivere ancora dentro una favola? Non solo c’è, ma a causa del Covid 19 è diventato anche il nostro solo contatto con il mondo esterno. Ed ecco che il lettone di mamma e papà assume un significato tutto nuovo, con la differenza che il drago non ci intimorisce più tanto rispetto alla solitudine.
In questa seconda dimensione, in questa realtá immaginaria in cui tutti vivono davvero felici e contenti, ci sentiamo liberi di esprimere noi stessi, o meglio di documentare la nostra vita con attimi di serenità impressi nel tempo. Queste immagini contribuiscono a creare la nostra favola insieme a tutto ciò che tempestivamente condividiamo su noi stessi e sul nostro pensiero.
Ma è possibile conservare la nostra identità se condividiamo solo i momenti migliori della nostra giornata e i lati universalmente apprezzabili di noi stessi? Lo è nel momento in cui siamo consapevoli che si tratta solo di un altra maschera pirandelliana. I social, infatti, non sono lo specchio della nostra realtà, ma piuttosto l’immagine virtuale ancora più contorta e filtrata del nostro ruolo all’interno della società stessa. Anche se consapevoli, in questa finzione universalmente condivisa ci sentiamo al sicuro.
E allora mi chiedo se forse delle favole non abbiano bisogno anche i grandi.
Anche se nelle fate e nei draghi abbiamo smesso di credere da tempo, ancora permane la nostra fisiologica necessità di finzione. Il motivo per cui anche se reclusi in questa torre continuiamo a condividere ovunque la nostra felicità, è che non siamo più capaci di distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è più. La nostra quotidianità non ci ha mai fatto così paura. Ormai schiavi di una nuova routine, ci chiediamo come sarà quando questa frivola favola che continuiamo a raccontare giungerà al suo lieto fine e i social saranno di nuovo solo da cornice.
Alessia Franzil ha 16 anni e frequenta il liceo classico Azuni, corso logico filosofico