La Nuova Sardegna

Sassari

Liste d'attesa infinite per visite ed esami: la provincia di Sassari la più penalizzata in Sardegna

Liste d'attesa infinite per visite ed esami: la provincia di Sassari la più penalizzata in Sardegna

La denuncia dell'associazione pensionati delle Acli

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CAGLIARI. Ritardi nelle visite e negli esami diagnostici, in particolare in provincia di Sassari: le liste d'attesa, già molto lunghe prima della pandemia, stanno diventando insopportabili. È la denuncia-allarme lanciata dall'associazione dei pensionati delle Acli, la Fap, che in Sardegna conta circa 10.000 iscritti. «Dobbiamo tutelare i nostri anziani, sono loro quelli più a rischio nel post covid in Sardegna - spiega il segretario regionale Sebastiano Sanna - Sono sempre più numerose le segnalazioni ma i dati pubblicati nei siti delle aziende sanitarie dell'isola sono ancora più preoccupanti».

A Sassari, al 9 marzo, dunque prima del Covid, occorrevano già 8 mesi nell'ospedale della città che serve tutto il territorio per poter effettuare una Tac con il contrasto, 7 per una mammografia, 5 per un Tsa a una risonanza. E per le visite specialistiche non andava meglio: 40 giorni per una visita ortopedica, 130 per una neurologica, 77 per una endocrinologica, 81 per una pneumologia. «Sono tutti tempi che ora si sono moltiplicati con 100 giorni in più - denuncia Sanna - chi non può attendere e vuole evitarli deve ricorrere ad una raccomandazione, oppure deve spendere soldi per una visita privata o per un viaggio a Cagliari e magari è anche costretto a far chiedere un giorno di ferie ai propri figli o ai parenti per farsi accompagnare».

Regione nel mirino. «Dopo aver fatto interventi efficaci sul fronte del contrasto alle liste d'attesa nel 2018 e nel 2019, tutto sembra essersi fermato, proprio quest'anno - sottolinea il segretario della Fap - che la situazione è più grave per il Covid. Il nostro appello è semplice: intervenite sulle liste d'attesa, perché queste danneggiano i più poveri e i più deboli, che spesso sono gli anziani costretti poi a ritardare cure necessarie con maggiori costi per tutti e danni gravi, se non irreparabili, alla salute». (Ansa).

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