In città il Giardino dei Giusti
di Andrea Massidda
Inaugurato davanti all’emiciclo uno spazio per ricordare i sardi che salvarono gli ebrei dalla Shoah
3 MINUTI DI LETTURA
SASSARI. Un angolo verde nel cuore della città da immaginare come un grande libro aperto, con gli alberi piantati che diventano simbolicamente pagine da imparare a memoria affinché l’umanità non debba mai più rivivere il dramma della Shoah. Sull’esempio del celebre Yad Vashem di Gerusalemme, da ora anche Sassari ha il suo Giardino dei Giusti, uno spazio voluto dall’intero consiglio comunale per ricordare quei sardi che, pur non essendo israeliti, rischiarono la vita (e talvolta la persero) nel tentativo di mettere in salvo gli ebrei perseguitati dal nazifascismo.
Lo spazio di riflessione. L’area identificata dall’amministrazione comunale per realizzare questo luogo che dovrà essere un punto di incontro e di dialogo, in cui magari organizzare iniziative rivolte a studenti e cittadini per mantenere vivi gli esempi, si trova esattamente nella parte alta dei giardini pubblici, con ingresso in via Enrico Berlinguer, dove ieri mattina il sindaco Nanni Campus ha piantato i primi tre dei sette alberi che corrispondono ad altrettanti Giusti di origine sarda, riconosciuti tali anche in Israele. Il primo cittadino non ha dubbi. «Vorrei che questo posto – dice – diventasse qualcosa che ricordi a tutti, e in particolare ai nostri giovani, a quale bassezza e a quali livelli di abominio possa arrivare la cattiveria umana. Le leggi razziali approvate nel ’38 – continua Campus – per il nostro Paese sono state un’infamia, un errore storico gravissimo sul quale l’Italia cadde con il solo scopo di accondiscendere a un pazzo che voleva fare dell’Europa il suo impero. Provvedimenti di cui ci dobbiamo ancora vergognare».
L’idea del Giardino. L’istituzione del Giardino dei Giusti qui in città nasce su impulso della consigliera comunale Virginia Orunesu, prima firmataria di una mozione approvata all’unanimità dall’assemblea civica. «Provengo dal mondo della scuola – spiega lei stessa – e per tanti anni, insieme con i miei studenti, abbiamo lavorato sul Giorno della Memoria- Tuttavia con il tempo mi sono resa conto che era necessario un atto ancora più concreto. Così il 27 gennaio scorso, attraverso la piattaforma Zoom e grazie a due studiosi di questo argomento come Giuseppe Deiana e Mario Carboni, al termine del consiglio comunale abbiamo fatto incontrare gli alunni del liceo Canopoleno e del Polo tecnico con il figlio di Giorgio Perlasca e la nipote di Gino Bartali, quindi con i parenti stretti di due Giusti delle nazioni. È stato un memento importante che ora finalmente ha trovato una sua espressione pratica nell’inaugurazione di questo spazio».
Il plauso del Memoriale. Va da sé che l’iniziativa ha trovato grande favore tra chi, nell’isola, si occupa a tempo pieno del genocidio degli ebrei. «Sassari – commenta Alessandro Matta, presidente dell’associazione Memoriale sardo della Shoah – è una città che negli anni delle persecuzioni antisemite ha avuto non poche persone colpite da quegli infami provvedimenti: dapprima con le vicende dei suoceri del medico Franco Ottolenghi, rinchiusi nel ghetto di Varsavia da dove riuscirono a inviare una ventina tra lettere e cartoline alla loro figlia Magda prima di finire nelle camere a gas di Treblinka. E poi, con il triste destino di Zaira Coen Righi, docente al liceo Azuni, estromessa dalla cattedra per via delle leggi razziali e poi morta ad Auschwitz il 23 maggio 1944».
Lo spazio di riflessione. L’area identificata dall’amministrazione comunale per realizzare questo luogo che dovrà essere un punto di incontro e di dialogo, in cui magari organizzare iniziative rivolte a studenti e cittadini per mantenere vivi gli esempi, si trova esattamente nella parte alta dei giardini pubblici, con ingresso in via Enrico Berlinguer, dove ieri mattina il sindaco Nanni Campus ha piantato i primi tre dei sette alberi che corrispondono ad altrettanti Giusti di origine sarda, riconosciuti tali anche in Israele. Il primo cittadino non ha dubbi. «Vorrei che questo posto – dice – diventasse qualcosa che ricordi a tutti, e in particolare ai nostri giovani, a quale bassezza e a quali livelli di abominio possa arrivare la cattiveria umana. Le leggi razziali approvate nel ’38 – continua Campus – per il nostro Paese sono state un’infamia, un errore storico gravissimo sul quale l’Italia cadde con il solo scopo di accondiscendere a un pazzo che voleva fare dell’Europa il suo impero. Provvedimenti di cui ci dobbiamo ancora vergognare».
L’idea del Giardino. L’istituzione del Giardino dei Giusti qui in città nasce su impulso della consigliera comunale Virginia Orunesu, prima firmataria di una mozione approvata all’unanimità dall’assemblea civica. «Provengo dal mondo della scuola – spiega lei stessa – e per tanti anni, insieme con i miei studenti, abbiamo lavorato sul Giorno della Memoria- Tuttavia con il tempo mi sono resa conto che era necessario un atto ancora più concreto. Così il 27 gennaio scorso, attraverso la piattaforma Zoom e grazie a due studiosi di questo argomento come Giuseppe Deiana e Mario Carboni, al termine del consiglio comunale abbiamo fatto incontrare gli alunni del liceo Canopoleno e del Polo tecnico con il figlio di Giorgio Perlasca e la nipote di Gino Bartali, quindi con i parenti stretti di due Giusti delle nazioni. È stato un memento importante che ora finalmente ha trovato una sua espressione pratica nell’inaugurazione di questo spazio».
Il plauso del Memoriale. Va da sé che l’iniziativa ha trovato grande favore tra chi, nell’isola, si occupa a tempo pieno del genocidio degli ebrei. «Sassari – commenta Alessandro Matta, presidente dell’associazione Memoriale sardo della Shoah – è una città che negli anni delle persecuzioni antisemite ha avuto non poche persone colpite da quegli infami provvedimenti: dapprima con le vicende dei suoceri del medico Franco Ottolenghi, rinchiusi nel ghetto di Varsavia da dove riuscirono a inviare una ventina tra lettere e cartoline alla loro figlia Magda prima di finire nelle camere a gas di Treblinka. E poi, con il triste destino di Zaira Coen Righi, docente al liceo Azuni, estromessa dalla cattedra per via delle leggi razziali e poi morta ad Auschwitz il 23 maggio 1944».