La Nuova Sardegna

Sassari

Palmadula, sorelle beffano il prete e si ricomprano la casa

di Luigi Soriga
Palmadula, sorelle beffano il prete e si ricomprano la casa

I vecchi proprietari, dopo anni di liti e cause, si fingono milanesi e riescono a riacquistare l’alloggio

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SASSARI. Il primo a fare lo scherzo da prete, otto anni fa, era stato don Alberto Azzeris Moretti. Si era presentato a sorpresa all’asta giudiziaria, e a colpi di rilancio aveva soffiato la casa di Palmadula agli ex proprietari che tentavano di ricomprarla. Le due anziane sorelle, Anna e Paola Zara, che in quelle quattro mura erano nate, cresciute, ci vivevano e ci lavorano, e che col parroco avevano un rapporto di amicizia e fiducia, per poco non ci restarono secche.

Otto anni dopo, tra tira e molla in tribunale, sfratti, ufficiale giudiziario e sgombero con svenimento, lo scherzo da prete lo mettono a segno i figli e nipoti Massetti-Zara. «Non ci siamo mai rassegnati a perdere la casa di famiglia – racconta Luca – Quello era un pezzo di cuore».

Così, dopo averle tentate tutte, tra litigi col parroco, avvocati, lettere ai vescovi e dopo aver scomodato perfino il Papa, non potendo bussare più in alto, hanno tentato la soluzione fai da te. Voce femminile, accento meneghino: «Buongiorno don Alberto, sono la signora... chiamo da Milano e sarei interessata ad acquistare la sua casa di Palmadula». Il parroco all’inizio non sembra molto entusiasta della proposta, ma dopo altre telefonate vacilla e comincia a mostrare interesse. I Massetti, in verità, ci avevano già provato qualche mese prima, ma l’accento romano non era stato altrettanto convincente. L’acquirente della borghesia lombarda, invece fa breccia. «È stata la compagna di mio fratello. Lui ci è cascato in pieno».

Così si mettono d’accordo per il prezzo, consegnano tutta la documentazione al notaio, e finalmente il 26 di gennaio arriva il momento della firma. Don Alberto Azzeris Moretti impugna la penna e mette il suo nome nero su bianco. Non appena la casa cambia proprietario, ecco l’operazione “Carramba che Sorpresa!!!”. Quando “l’imprendiprete”, così è stato soprannominato a Palmadula, esce dallo studio notarile, ad accoglierlo c’è la famiglia Massetti. Luca abbassa la mascherina e dice: «Don Alberto, come va? Mi riconosce adesso? Ha visto? Tutto è bene quel che finisce bene. Alla fine la casa è ritornata ai suoi proprietari».

Il parroco a quel punto capisce tutto, ma non fa una piega. Incassa lo scherzo da prete senza scomporsi. Saluta e va via con gentilezza, come se nulla fosse accaduto. D’altronde quella casa l’aveva comprata all’asta per 80mila euro, e adesso l’aveva ceduta per 110. «Sì – dice Luca Massetti – ma a noi non l’avrebbe venduta nemmeno per un milione».

Rewind, riavvolgiamo il nastro di otto anni.

Tutti, a Palmadula, sapevano di quella casa finita all'asta giudiziaria. Niente di che, una manciata di metri quadrati segnati dal tempo, crepe nel soffitto, un terreno zeppo di erbacce. Ma, a quelle quattro mura le sorelle Zara erano legate dall'infanzia. «Era di babbo - dicono - veniva qui a piedi dall'Argentiera». L'aveva comprata 80 anni fa il nonno. Poi il proprietario era diventato uno zio, morto improvvisamente nel 1995, senza testamento ma con una lunga scia di debiti. I familiari non trasferirono subito la proprietà e la casa venne requisita dal tribunale. Il valore del bene stimato era di 129mila euro. Così i familiari cercarono di recuperare i soldi, contattarono il curatore fallimentare manifestando l'interesse a riacquistare l'immobile, e nel frattempo aspettarono che, dopo qualche asta deserta, il prezzo diventasse abbordabile. Alla fine, con 35mila euro, l'affare si poteva chiudere. A quell'asta, tra i compaseani, non si era presentato mai nessuno. Perché delle 300 anime di Palmadula, chi avrebbe mai avuto il coraggio di fare un simile torto? Eppure dal curatore fallimentare si fece avanti un acquirente del tutto inaspettato. «Quando l'ho visto non volevo credere ai miei occhi - dice Luca Massetti, figlio di Anna - era padre Alberto Azzeris Moretti, il parroco della nostra borgata». Nella sua busta chiusa c'erano 55 mila euro, contro i 35 della famiglia Massetti-Zara. L'asta partì proprio da quella cifra, e con un paio di rilanci pesanti il sacerdote si aggiudicò il bene per 80mila euro. I diretti concorrenti si arresero a 71mila. «Mai ci saremmo aspettati una simile pugnalata dal nostro prete», dissero. E lui, don Alberto, rispose così: «Io mi sono presentato a quell'asta in qualità di privato cittadino, non di sacerdote e come privato cittadino ho il diritto di investire i miei soldi come meglio ritengo. Senza dare spiegazioni a nessuno. Da quel rudere realizzerò una residenza per anziani che in futuro donerò alla diocesi». Invece, scherzo da una parte, scherzo dall’altra, la storia è andata ben diversamente. Ci sono voluti otto anni per il lieto fine, ma finalmente è arrivato.

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