Sassari «Mi darò da fare, è certo, per dimostrare la mia innocenza. Lo farò nelle istanze giuridiche e in qualche maniera, anzi in tutte le maniere, griderò al mondo che sono innocente e che non ho commesso i reati di cui vengo accusato». Si è conclusa con queste parole l’intervista che il cardinale Angelo Becciu ieri sera ha rilasciato a Bruno Vespa, nel suo programma di approfondimento “Cinque Minuti” in onda su Rai Uno. Il prelato di Pattada, dunque, ha concluso affermando la sua innocenza, come aveva fatto più volte, anche prima che venisse emanata la sentenza di condanna, in primo grado, a cinque anni e 6 mesi di reclusione oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e 8mila euro di multa.
Non era mai accaduto che un cardinale, perdipiù ex sostituto per gli Affari generali ed ex prefetto per le Cause dei santi, venisse condannato: «Essere condannati non è bello – ha detto ieri Becciu –. Sono rimasto costernato e su me ho sentito il peso della mia famiglia ma anche della Chiesa». La condanna è arrivata anche per alcune operazioni di speculazione, come quella legata alla compravendita di un immobile londinese: «Le operazioni immobiliari sono nella tradizione della Santa Sede. Già nel 1929 la Santa Sede, dopo i Patti Lateranensi, ha iniziato a investire su palazzi a Londra, Parigi, Roma. Inoltre, non sono io che ho scelto. Io da Sostituto dovevo seguire 17 uffici, non avevo tempo di seguire passo per passo le questioni economiche e finanziarie. C’è un ufficio, l’ufficio amministrativo, che si occupava appunto delle questioni amministrative e degli investimenti. Il capo ufficio, il vero responsabile dell’amministrazione, a quei tempi era monsignor Alberto Perlasca – ha aggiunto Becciu –. Lui mi presentava i vari dossier e, tra questi, quello sull’opportunità di investire sul palazzo di Londra. Un’operazione divisa in quattro momenti: investimento, uscita dal fondo, perché era un investimento a tempo, acquisto e gestione dell’immobile, vendita dell’immobile. Io ero presente solo al momento dell’investimento, le altre operazioni non le ho seguite».
Dietro le quinte, però, c’erano operazioni rischiose con fondi speculativi e personaggi non proprio immacolati: «Erano i miei tecnici che mi dicevano che fosse possibile farlo, che ne veniva fuori un grande vantaggio per la Santa Sede – ha detto ancora Becciu –. Non mi avevano presentato dei grossi rischi e anche le persone era garantite dalle banche e da altri che si occupavano di questo investimento». Poi, la discussione si è spostata sui finanziamenti alla Caritas di Ozieri, 125mila euro in totale finiti, in parte, anche alla coop del fratello del cardinale: «I 100mila sono ancora lì, nel conto della Caritas. Ho inviato prima 25mila alla Caritas su richiesta del vescovo di allora, monsignor Sanguinetti, e poi altri 100mila nel 2018. È il vescovo che decide dove usarli e fino a ora la spesa dei 100mila non è stata ancora autorizzata».
Nella breve intervista, infine, irrompe la figura ingombrante di Cecilia Marogna: «Non sapevo che aveva utilizzato 570mila euro per spese personali di lusso. Non lo sapevo assolutamente e se lo avessi saputo, non lo avrei permesso. Questi soldi dovevano essere destinati solo alla liberazione di una suora rapita. Io e il Papa eravamo d’accordo, ecco, di finanziare questa operazione. Se poi qualcosa è andato storto, lo dovrà scoprire chi lo deve scoprire».
Dopo che Becciu ha citato il Papa, è arrivata la domanda sui suoi rapporti con il Santo Padre: «Credo e spero che che Papa Francesco sia convinto della mia innocenza e comunque io mi darò da fare per dimostrarla», ha concluso il cardinale di Pattada.