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Tentata estorsione

Sassari: «Paga se rivuoi il tuo iPhone», ma alla consegna c’è la polizia

di Luca Fiori
Sassari: «Paga se rivuoi il tuo iPhone», ma alla consegna c’è la polizia

Un 27enne di Ozieri chiedeva soldi a un ragazzino sassarese per restituirgli lo smartphone che gli era stato rubato

08 settembre 2024
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 Sassari «Se rivuoi il tuo iPhone 15 Pro Max mi devi dare 150 euro. Ci vediamo venerdì mattina in piazza della stazione a Sassari, porta i soldi e riavrai il tuo smartphone». All’appuntamento, poco prima dell’ora di pranzo - un 27enne di Ozieri ha trovato però, insieme alla madre del giovanissimo proprietario del telefono, anche gli agenti in borghese della squadra mobile, che lo hanno arrestato quando aveva ancora in mano una banconota da 50 euro appena ricevuta dalla donna.

La trappola era stata organizzata dagli investigatori della questura, quando la mamma di un ragazzino sassarese aveva raccontato alla polizia che il figlio era stato contattato da una persona che - senza tanti giri di parole - aveva chiesto del denaro per restituire un iPhone che sosteneva di aver trovato qualche giorno prima. Un telefono di ultimissima generazione del valore di oltre mille euro, che al giovane proprietario era stato rubato il 19 agosto scorso nella zona di via Tavolara.

Gli agenti della squadra mobile hanno tranquillizzato la donna e le hanno spiegato come comportarsi e cosa dire al momento dello scambio. Poi, dopo aver fotocopiato alcune banconote da cinquanta euro le hanno consegnate alla madre del proprietario del telefono e al momento dell’appuntamento hanno atteso nascosti, ma abbastanza vicini per poter intervenire immediatamente. E così è stato, prima di avere il tempo di allontanarsi il 27enne di Ozieri è stato immobilizzato e fatto accomodare nell’auto civetta della polizia. Era stato proprio lui a proporre la piazza della stazione di Sassari come luogo dello scambio.

«Mi trovo a Olbia – aveva detto al proprietario dell’Iphone – mi servono 150 euro come rimborso per il viaggio fino a Sassari e riavrai il tuo telefono». La madre del ragazzino aveva preso in mano la situazione e prima ancora di recarsi in questura aveva provato a farsi restituire il telefono proponendo che si sarebbe recata lei stessa a prenderlo. Ma il 27enne avrebbe rifiutato l’offerta e stabilito luogo, orari e prezzo da pagare per la restituzione dello smartphone. Resosi conto del furto, il proprietario qualche giorno prima si era recato in un centro assistenza e spiegato di aver subito il furto dell’iPhone. A quel punto il telefono, come da prassi, era stato messo in modalità “smarrito”. Bloccato con un codice di accesso, e messe in sicurezza le carte di pagamento e i pass utilizzati con Apple Pay, il telefono a quel punto era inutilizzabile, ma a chi lo aveva in mano è apparso un numero da chiamare per poterlo restituire. Era quello della madre del proprietario.

La donna ha iniziato la trattativa, ma quando ha capito che le cose si stavano mettendo male ha deciso di rivolgersi alla polizia. Al momento dello scambio il 27enne ha avuto il tempo di afferrare una delle banconote che aveva in mano la donna e di restituirle l’iPhone, prima di vedere spuntare sei agenti della squadra mobile che non gli hanno dato neanche il tempo di pensare alla fuga. Ieri mattina, assistito dall’avvocato Maria Grazia Sanna, è stato accompagnato in tribunale. In aula, davanti al giudice Paolo Bulla, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere.

Vista l’incensuratezza, il pubblico ministero Paola Manunza ha chiesto, oltre alla convalida dell’arresto, la tenue misura dell’obbligo di firma. Richieste che il giudice ha accolto e applicato, non prima di una breve raccomandazione al 27enne, entrato per la prima volta in vita sua in un aula di tribunale. «L’estorsione è un reato molto grave – ha detto il giudice Bulla – questa volta le è andata bene, ma per cose del genere solitamente si finisce dritti in carcere».

L’avvocato del 27enne ha chiesto termine a difesa e il processo verrà celebrato a fine mese, quando il giovane dovrà decidere che rito scegliere per difendersi dalle pesanti accuse.

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