«Banco bello a metà ma cresceremo»
Josh Carter: «Niente panico ma fuori casa serve più energia»
«Non siamo ancora maturi, ma non vedo niente di irrimediabile. Per un gruppo nuovo come il nostro è una questione fisiologica». La musica suona forte nelle cuffie di Josh Carter, al rientro da questa infinita trasferta ungherese. Il numero 23 della Dinamo clicca sul tasto stop e fa la faccia di quello che ha le idee chiare.
«Guarda come abbiamo perso questa partita – dice l’ala texana, trent’anni tra un mese –. Quando giochi fuori casa devi sapere che gli avversari tirano fuori sempre qualcosa in più, trovano risorse nuove sino all’ultimo. Avremmo dovuto vincere, sì. E invece...».
Cosa è successo a Szolnok?
«Ci siamo perso per strada. Nel primo tempo non siamo stati perfetti, è vero, e non sempre abbiamo tenuto il ritmo giusto. Però abbiamo fatto le cose che dovevamo fare, sia in difesa che soprattutto in attacco».
Come già domenica a Desio contro Cantù, la prestazione della Dinamo è rimasta un’incompiuta.
«In questa squadra ci sono tanti giocatori che sanno fare qualcosa molto bene. Quindi la nostra forza deve essere quella di coinvolgere tutti, fare in modo che ognuno di noi dia qualcosa per la squadra secondo le proprie caratteristiche. Ecco, nel momento in cui ci dimentichiamo di questo, la forza del gruppo viene meno, ci si affida troppo ai singoli e i rischi aumentano».
Quando, esattamente, vi “dimenticate” di giocare insieme? Secondo Pasquini questo accade dopo una cattiva esecuzione in difesa.
«Durante le partite ogni tanto succede questo, è vero. Ci scoraggiamo? Andiamo in tilt? Non saprei, di certo dobbiamo essere più pronti a livello mentale, nel senso che dobbiamo essere “settati” per fare le cose giuste. Ma questo accade per un motivo molto semplice: siamo un gruppo nuovo, dobbiamo ancora imparare bene quando fare certe cose, chi deve farle, e dobbiamo farle bene. Dobbiamo essere più scaltri. Ma se il problema è questo non c’è da spaventarsi. Niente panico, dico io».
Lei personalmente arriva da un periodo non facile, culminato con lo zero nella casella dei punti registrato con Cantù.
«Lo so e non mi tiro minimamente indietro. In quella partita non sono mai entrato in ritmo, oltre a non avere segnato non ho fatto nulla per la squadra. L’infortunio al piede mi ha dato fastidio per un po’, ora il problema è alle spalle».
In Ungheria è “esploso” all’improvviso con tre triple di fila.
«Sì, è vero, ma se posso essere sincero, stavolta ero molto più dentro la partita anche prima di quei canestri».
Si dice che per rendere al meglio lei ha bisogno che la squadra gli giri attorno. è così?
«Direi di sì. Abbiamo tre piccoli come Dj, Trevor e Rok che giocano tanto la palla. Io non ho bisogno di toccarla sempre, mi serve al momento giusto. Anche io devo migliorare, come tutta la squadra. Dobbiamo riuscire a portare anche in trasferta l’energia che abbiamo quando giochiamo in casa. Niente panico: il tempo e la conoscenza reciproca ci aiuteranno».
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