Riccardo cuor di papà Latte, pallone e Cagliari
di Roberto Muretto
Andrea Sottil: «Mio figlio bravo e umile, l’isola la scelta ideale per maturare»
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CAGLIARI. Riccardo Sottil raccontato da suo papà Andrea, ex difensore di Genoa e Udinese, ora allenatore in attesa di una chiamata. L’attaccante del Cagliari domenica ha segnato il primo gol in serie A e lo ha festeggiato insieme alla sua famiglia: padre, madre, fratello e fidanzata, tutti seduti in tribuna. «Una giornata bellissima - commenta Andrea Sottil -, il gesto del cuore che ha fatto durante l’esultanza era rivolto a noi. Da tanto aspettavamo questa rete».
Lei è stato un calciatore professionista, contento che suo figlio abbia scelto di percorrere la stessa strada?
«Da quando è nato ha visto solo partite di pallone. Io non sono mai stato ossessivo nel spingerlo verso il calcio, anche se speravo gli piacesse questo sport. Quando aveva 4-5 anni veniva con me agli allenamenti. Vedevo che era affascinato dallo spogliatoio».
In che senso?
« Voleva sapere dove i calciatori lasciavano le scarpette, farsi la doccia con noi, palleggiava con i miei compagni e lasciava le sue scarpe dicendo al magazziniere che il giorno dopo sarebbe tornato. Milito e mister Cosmi si divertivano da matti con Riccardo».
Quando ha cominciato?
«A 7 anni ho visto che aveva delle qualità. Da bambino l’ho seguito, nelle giovanili ha segnato tanti gol e penso possa farlo anche in serie A. Deve puntare di più verso la porta. Per esempio la rete segnata al Crotone è da attaccante vero, ha fatto il movimento giusto».
Lei dà consigli?
«Con lui parlo di tutto. Sono un allenatore e non mi permetto di entrare nel lavoro del suo tecnico. Nel percorso giovanile l'ho aiutato tanto».
Ci racconta come?
«Tutti sapevano che era figlio di un calciatore di serie A. Spesso gli hanno dato del raccomandato. Dico questa cosa con dispiacere perchè sono convinto che nel calcio, ma anche nella vita in generale, l'invidia è un brutto sentimento. Lui ha sofferto molto per le cose che sentiva. Gli ho spiegato che non doveva ascoltare le chiacchiere, farsele scivolare e crearsi una corazza, perchè quella sarebbe stata la sua forza. Mi ha dato retta ed è andato avanti sicuro».
Cagliari è una piazza ideale per maturare?
«Le racconto una cosa. Quando la scorsa estate Di Francesco ha firmato con i rossoblù, ho chiamato Giuseppe Riso, l’agente di mio figlio. Gli ho detto che andare in Sardegna sarebbe stato l’ideale per Riccardo. Perchè avrebbe lavorato in un ambiente ideale, senza pressioni. Lui mi ha risposto che forse c’era una possibilità. Stimo Eusebio, è un allenatore che fa giocare bene le sue squadre, sa osare e valorizza i giovani. Non è una sviolinata ma ciò che penso. Il presidente Giulini è stato determinante nella trattativa. Insieme col direttore Carta gli hanno fatto capire che credevano in lui. Mio figlio è arrivato qui motivatissimo».
Anche lei si è trasferito a Cagliari, perchè?
«Siamo una famiglia unita, ci piace condividere tutto. In questo momento non lavoro e mi piace che stiamo insieme, che Riccardo non si allontani da suo fratello. I valori familiari sono sacri. E poi a Cagliari si vive bene».
In che cosa deve ancora crescere Riccardo?
«È maturato, sa bene dove deve migliorare. È un ragazzo umile, consapevole che deve mettersi a disposizione di un allenatore che gli sta dando fiducia. Io gli dico sempre che nel calcio i dettagli fanno la differenza. Giocare con continuità aiuta, ti fa prendere coscienza dei tuoi mezzi e aumenta l’autostima, così come cresce l’ affinità con i compagni».
Di Francesco dice che suo figlio ha tanti gol nelle gambe. Lei che ne pensa?
«Sono d’accordo con lui. Ma sarà il campo a dirlo».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Lei è stato un calciatore professionista, contento che suo figlio abbia scelto di percorrere la stessa strada?
«Da quando è nato ha visto solo partite di pallone. Io non sono mai stato ossessivo nel spingerlo verso il calcio, anche se speravo gli piacesse questo sport. Quando aveva 4-5 anni veniva con me agli allenamenti. Vedevo che era affascinato dallo spogliatoio».
In che senso?
« Voleva sapere dove i calciatori lasciavano le scarpette, farsi la doccia con noi, palleggiava con i miei compagni e lasciava le sue scarpe dicendo al magazziniere che il giorno dopo sarebbe tornato. Milito e mister Cosmi si divertivano da matti con Riccardo».
Quando ha cominciato?
«A 7 anni ho visto che aveva delle qualità. Da bambino l’ho seguito, nelle giovanili ha segnato tanti gol e penso possa farlo anche in serie A. Deve puntare di più verso la porta. Per esempio la rete segnata al Crotone è da attaccante vero, ha fatto il movimento giusto».
Lei dà consigli?
«Con lui parlo di tutto. Sono un allenatore e non mi permetto di entrare nel lavoro del suo tecnico. Nel percorso giovanile l'ho aiutato tanto».
Ci racconta come?
«Tutti sapevano che era figlio di un calciatore di serie A. Spesso gli hanno dato del raccomandato. Dico questa cosa con dispiacere perchè sono convinto che nel calcio, ma anche nella vita in generale, l'invidia è un brutto sentimento. Lui ha sofferto molto per le cose che sentiva. Gli ho spiegato che non doveva ascoltare le chiacchiere, farsele scivolare e crearsi una corazza, perchè quella sarebbe stata la sua forza. Mi ha dato retta ed è andato avanti sicuro».
Cagliari è una piazza ideale per maturare?
«Le racconto una cosa. Quando la scorsa estate Di Francesco ha firmato con i rossoblù, ho chiamato Giuseppe Riso, l’agente di mio figlio. Gli ho detto che andare in Sardegna sarebbe stato l’ideale per Riccardo. Perchè avrebbe lavorato in un ambiente ideale, senza pressioni. Lui mi ha risposto che forse c’era una possibilità. Stimo Eusebio, è un allenatore che fa giocare bene le sue squadre, sa osare e valorizza i giovani. Non è una sviolinata ma ciò che penso. Il presidente Giulini è stato determinante nella trattativa. Insieme col direttore Carta gli hanno fatto capire che credevano in lui. Mio figlio è arrivato qui motivatissimo».
Anche lei si è trasferito a Cagliari, perchè?
«Siamo una famiglia unita, ci piace condividere tutto. In questo momento non lavoro e mi piace che stiamo insieme, che Riccardo non si allontani da suo fratello. I valori familiari sono sacri. E poi a Cagliari si vive bene».
In che cosa deve ancora crescere Riccardo?
«È maturato, sa bene dove deve migliorare. È un ragazzo umile, consapevole che deve mettersi a disposizione di un allenatore che gli sta dando fiducia. Io gli dico sempre che nel calcio i dettagli fanno la differenza. Giocare con continuità aiuta, ti fa prendere coscienza dei tuoi mezzi e aumenta l’autostima, così come cresce l’ affinità con i compagni».
Di Francesco dice che suo figlio ha tanti gol nelle gambe. Lei che ne pensa?
«Sono d’accordo con lui. Ma sarà il campo a dirlo».
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