«Nel nuovo anno la Dinamo si farà trovare pronta»
di Andrea Sini
Capitan Jack Devecchi fa il punto tra il cambio di panchina e la sosta forzata di ieri «Bucchi ci ha dato la scossa, ma dobbiamo migliorare. Io voglio ancora dire la mia»
27 dicembre 2021
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SASSARI. «Avremmo preferito chiudere l’anno giocando quest’ultima partita, per proseguire nel nostro percorso di crescita. Pazienza, faremo di tutto per farci trovare pronti agli appuntamenti dell’anno nuovo». La Dinamo saluta il 2021 tenendo suo malgrado il colpo in canna, dopo il rinvio della sfida di chiusura in programma ieri in casa della Fortitudo. Jack Devecchi, capitano biancoblù, guarda avanti con ottimismo.
La Dinamo ha chiuso il 2021 in crescita. Siete soddisfatti?
«In generale sì, perché ci siamo risollevati rispetto a un brutto periodo, ma è chiaro che siamo ancora un cantiere aperto e questo stop di sicuro non ci voleva».
In che senso?
«Stiamo migliorando ma siamo ancora alla ricerca della chimica giusta. Dopo la buona prova di Bologna e le vittorie contro Venezia e Varese, volevamo testare un po’ la situazione perché avevamo trovato un po’ di equilibrio. Ora vediamo un po’ cosa accadrà: siamo in attesa di capire come muoverci, siamo un po’ preoccupati ma il problema Covid in questo momento tocca praticamente tutte le squadre».
La risalita è iniziata con l’arrivo di Bucchi. Il cambio di panchina era necessario?
«Avevamo assoluta necessità di trovare un’identità, servivano una scossa e una reazione».
Cosa ha portato Bucchi?
«Innanzitutto abbiamo trovato un po’ di equilibrio in campo con l’arrivo di Robinson, che ha messo ordine nel gioco e credo si sia visto, perché sa innescare i compagni sia sul perimetro che dentro l’area. Per quanto riguarda il coach, il suo mantra è sempre stato la difesa. Ci fa lavorare molto sul gioco di squadra, la difesa sino a un po’ di tempo fa ci era mancata. In attacco ha snellito un po’ il carico, dando maggiore libertà ai singoli e assegnandoci giochi più semplici».
Cos’altro vi chiede?
«Ci chedere attenzione e costanza per 40 minuti. È quello che ci manca per essere in posizione da Dinamo ed è un tasto sul quale lui batte molto: dice che la Dinamo deve giocare “da grande”, perché questa è stata la sua posizione in questi anni».
A Bologna ve la siete giocata sino all’ultimo tiro, a Venezia avete vinto, con Varese avete rischiato grosso ma l’avete portata a casa. Anche l’aspetto mentale ha avuto il suo peso.
«Ci siamo un po’ tolti la “scimmia”, avevamo il problema di non riuscire a dare la zampata, avevamo addosso un po’ di negatività. La risposta di Bologna è stata importante, è stata una gara giocata di carattere; e vincere a Venezia contro una bestia nera e su un campo difficile ci ha dato motivazione e consapevolezza. Sappiamo anche che c’è molto da fare, come dimostra la gara con Varese».
Un’altra novità è stata quella di riportare tutta la panchina al centro del progetto, compresi lei e Chessa.
«Il coach crede nel potenziale di tutta la squadra. È bravo in questo, tutti i giocatori possono dare il proprio mattoncino in un modo o nell’altro. È un segnale importante anche per gli altri, è bravo a gestire il roster in questa chiave. Penso a Massimo, mandato in campo a Venezia in un momento chiave».
A 36 anni, anche Devecchi è tornato a essere utile. Le dispiace avere giocato così poco negli ultimi anni?
«Sì, perché ogni giocatore vorrebbe giocare sempre 40’, ma non ho rimpianti: è un ruolo che ho accettato e sono felice di averlo svolto, tra l’altro togliendomi grosse soddisfazioni e alzando due trofei da capitano. Sono convinto di poter tenere ancora in campo, in allenamento ho sempre avuto conferme, ed è per questo che dopo essermi rotto il ginocchio, un anno fa, ho deciso di continuare. Voglio dare ancora il mio contributo alla Dinamo».
La Dinamo ha chiuso il 2021 in crescita. Siete soddisfatti?
«In generale sì, perché ci siamo risollevati rispetto a un brutto periodo, ma è chiaro che siamo ancora un cantiere aperto e questo stop di sicuro non ci voleva».
In che senso?
«Stiamo migliorando ma siamo ancora alla ricerca della chimica giusta. Dopo la buona prova di Bologna e le vittorie contro Venezia e Varese, volevamo testare un po’ la situazione perché avevamo trovato un po’ di equilibrio. Ora vediamo un po’ cosa accadrà: siamo in attesa di capire come muoverci, siamo un po’ preoccupati ma il problema Covid in questo momento tocca praticamente tutte le squadre».
La risalita è iniziata con l’arrivo di Bucchi. Il cambio di panchina era necessario?
«Avevamo assoluta necessità di trovare un’identità, servivano una scossa e una reazione».
Cosa ha portato Bucchi?
«Innanzitutto abbiamo trovato un po’ di equilibrio in campo con l’arrivo di Robinson, che ha messo ordine nel gioco e credo si sia visto, perché sa innescare i compagni sia sul perimetro che dentro l’area. Per quanto riguarda il coach, il suo mantra è sempre stato la difesa. Ci fa lavorare molto sul gioco di squadra, la difesa sino a un po’ di tempo fa ci era mancata. In attacco ha snellito un po’ il carico, dando maggiore libertà ai singoli e assegnandoci giochi più semplici».
Cos’altro vi chiede?
«Ci chedere attenzione e costanza per 40 minuti. È quello che ci manca per essere in posizione da Dinamo ed è un tasto sul quale lui batte molto: dice che la Dinamo deve giocare “da grande”, perché questa è stata la sua posizione in questi anni».
A Bologna ve la siete giocata sino all’ultimo tiro, a Venezia avete vinto, con Varese avete rischiato grosso ma l’avete portata a casa. Anche l’aspetto mentale ha avuto il suo peso.
«Ci siamo un po’ tolti la “scimmia”, avevamo il problema di non riuscire a dare la zampata, avevamo addosso un po’ di negatività. La risposta di Bologna è stata importante, è stata una gara giocata di carattere; e vincere a Venezia contro una bestia nera e su un campo difficile ci ha dato motivazione e consapevolezza. Sappiamo anche che c’è molto da fare, come dimostra la gara con Varese».
Un’altra novità è stata quella di riportare tutta la panchina al centro del progetto, compresi lei e Chessa.
«Il coach crede nel potenziale di tutta la squadra. È bravo in questo, tutti i giocatori possono dare il proprio mattoncino in un modo o nell’altro. È un segnale importante anche per gli altri, è bravo a gestire il roster in questa chiave. Penso a Massimo, mandato in campo a Venezia in un momento chiave».
A 36 anni, anche Devecchi è tornato a essere utile. Le dispiace avere giocato così poco negli ultimi anni?
«Sì, perché ogni giocatore vorrebbe giocare sempre 40’, ma non ho rimpianti: è un ruolo che ho accettato e sono felice di averlo svolto, tra l’altro togliendomi grosse soddisfazioni e alzando due trofei da capitano. Sono convinto di poter tenere ancora in campo, in allenamento ho sempre avuto conferme, ed è per questo che dopo essermi rotto il ginocchio, un anno fa, ho deciso di continuare. Voglio dare ancora il mio contributo alla Dinamo».