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La sfida di Papi Verde: in Val d’Aosta per la gara di montagna più difficile del mondo

di Gianna Zazzara
La sfida di Papi Verde: in Val d’Aosta per la gara di montagna più difficile del mondo

L’imprenditore algherese ha concluso l’ultramaratona Tor des Geants sulle alpi in 6 giorni. «È una sfida al limite, 340 km senza mai fermarsi neanche di notte, una pazzia»

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Alghero Dal mare azzurro di Alghero alle montagne della Val d’Aosta per inseguire un sogno, anzi una “pazzia”. Partecipare al Tor des Geants (il Giro dei Giganti), l’ultramaratona di 340 chilometri sulle alpi valdostane, una delle gare di montagna più dure al mondo che tocca Gran Paradiso, Monte Rosa, Cervino e Monte Bianco, senza un tratto di pianura. Un’impresa mostruosa, che si fa fatica anche solo ad immaginarla, che Papi Verde, imprenditore algherese titolare del camping La Mariposa, si ricorderà per tutta la vita.

«È una gara massacrante – racconta – erano anni che desideravo farla, sono riuscito a tagliare il traguardo in 144 ore, il limite massimo è di 160 ore, non male direi».

Una prova estrema, 340 km da percorrere senza mai fermarsi su e giù per le alpi, con arrivo e partenza da Courmayer. «I professionisti la concludono in 69 ore circa ma sono dei mostri, corrono senza sosta anche di notte, con la pioggia, la bufera e col rischio di cadere nei precipizi». Ma come si fa ad affrontare una gara simile? «Il segreto è non fermarsi, sono partito con questo spirito. Ho camminato senza sosta per sei giorni dormendo solo due ore a notte e affrontando il freddo intenso degli ultimi giorni con le temperature a 11 gradi sotto zero. Non c’è solo uno sforzo fisico eccezionale, bisogna essere in grado di gestire la mancanza di sonno, le vesciche e le irritazioni ai piedi e affrontare i momenti in cui hai le allucinazioni».

Per questo, sottolinea Papi Verde «il Tor non è una gara di corsa ma una sfida con te stesso. La forma fisica non conta se la mente non ti tiene in piedi. Devi avere una dialogo continuo con la tua mente.»

Ma come si fa a restare concentrati? «Lo spettacolo che ti circonda è incredibile ma devi stare attento agli strapiombi. L’imperativo è correre o camminare per raggiungere al più presto la “base vita” dove mangiare e riposarsi. Ogni 50 km ce n’è una ma a volte, soprattutto la notte, sembrano un miraggio».

Contano più i piedi o la testa? «La testa conta tanto in queste gare, devi avere la lucidità mentale per prendere le decisioni giuste sotto stress».

È da anni che l’imprenditore cullava questo sogno ma il tempo per la preparazione era sempre poco. «Conciliare allenamenti e lavoro non è semplice ma quest’anno avevo deciso in ogni caso di partecipare, sono felicissimo di essere arrivato al traguardo».

Mai avuto un momento di paura? «Il sonno è quello che ti frega. Vedevo tanti che si addormentavano sul sentiero con le temperature sotto zero poi un giorno mi sono addormentato anche io e per un fortuna un altro concorrente mi ha svegliato altrimenti forse non sarei qui a raccontarlo. Comunque c’è un’organizzazione impeccabile, dai compagni di viaggio ai volontari che ti assistono nelle basi quando hai bisogno di sentire una voce amica».

Un’esperienza da consigliare? «Direi proprio di sì, trovi concentrate tutte le sensazioni che puoi provare nella vita: felicità, dolore, soddisfazione. Non vedo l’ora di affrontare il Tor des Geants con le mie bambine. Adesso sono ancora piccole, hanno 9 e 11 anni, ma presto andremo insieme, non vedono l’ora, loro sono state le prime a sostenermi in questa follia».

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