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L’intervista

Cristian Zara: «La boxe mi ha salvato»

di Luca Fiori
Cristian Zara: «La boxe mi ha salvato»

Il pugile sassarese sta preparando l’assalto al titolo Wbc international dei Supermosca. Da ragazzino era sovrappeso: «Ho iniziato per dimagrire. I bulli mi fanno arrabbiare»

15 ottobre 2024
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Sassari «A 12 anni pesavo 75 chili, troppi per un ragazzino che sta crescendo. Mia madre mi ha portato in una palestra di pugilato per dimagrire e in quel momento mi è cambiata la vita, è scattato qualcosa dentro di me. La boxe mi ha reso una persona migliore. Mi ha insegnato a confrontarmi con le persone, mi ha forgiato il carattere, mi ha fatto diventare uomo».

Cristian Zara, sassarese di 26 anni, nel 2023 ha vinto prima il titolo italiano dei pesi Gallo e qualche mese dopo quello europeo Silver della stessa categoria, battendo ai punti lo spagnolo Sebastian Perez, sul ring di Calangianus. Il 6 dicembre su quello stesso ring - al centro della Gallura - Zara (scuderia Promo Boxe Italia) tenterà l’assalto al titolo Wbc International dei Supermosca, una categoria di peso inferiore a quella dei due titoli conquistati lo scorso anno, che ha lasciato vacanti. «Insieme al mio allenatore Claudio Iannarelli – spiega il pugile – abbiamo intrapreso questa strada. Abbiamo rinunciato ai titoli della categoria Gallo e deciso di tirare un po’ di più il peso, per essere più forti fisicamente degli avversari – aggiunge – ma è stata anche una scelta personale, perché vogliamo ambire a combattere per un titolo più importante».

Entro il 2025, è convinto Iannarelli, Zara potrebbe ambire a puntare più in alto, a patto che riesca a entrare nella graduatoria mondiale. Per farlo, tra meno di due mesi, dovrà battere il pugile toscano di origine marocchina Mohammed Obbadi. Ogni mattina nella palestra “CrossTraining S1”- alla periferia di Sassari, tra Caniga e Predda Niedda - Zara segue i consigli del suo allenatore, tra sacco, corda e colpitori.

Quanti giorni si allena durante la settimana?

«Tutti i giorni, dal lunedì al sabato. A volte anche la domenica».

Come si convive con la paura?

«Io non ho paura. Certo un po’ di tensione è giusto che ci sia sul ring, ma paura no, non la conosco».

È faticosa la vita di un pugile professionista?

«È la vita che ho scelto. Il pugilato è la mia passione, i sacrifici che faccio in palestra sono ricompensati dalle emozioni che mi restituisce questa disciplina, non solo quando combatto ma anche durante la preparazione degli incontri».

Per molti è uno sport pericoloso.

«È chiaro che sul ring non ci si scambiano carezze, ma ci sono controlli e visite mediche costanti, prima e dopo le gare. È uno sport come tanti altri che ti insegna un sacco di cose».

A lei cosa ha insegnato?

«Principalmente la disciplina. E poi a sacrificarmi per raggiungere un obiettivo e a convivere con le persone. A sapermi rapportare e a controllare emozioni e reazioni».

Da bambino era sovrappeso, ha subito prese in giro o atti di bullismo?

«No, per fortuna mi sono sempre saputo difendere e un grande aiuto me lo ha dato questo sport».

Cosa pensa del bullismo?

«I bulli mi fanno incazzare, meglio che non dica cosa penso...».

Qual è ora il suo obiettivo?

«In questo momento sono concentrato sulla preparazione dell’incontro del 6 dicembre a Calangianus. C’è in palio un titolo internazionale e se andrà bene potrebbe aprirsi la possibilità di tentare nel 2025 l’assalto a un titolo mondiale».

A 21 anni, nel 2019, il suo esordio tra i professionisti. Si può vivere di pugilato?

«Purtroppo no. Il nostro è uno sport che non dà da mangiare. Per vivere devo fare anche un altro lavoro ovviamente».

E come riesce a far conciliare lavoro e allenamenti?

«Prima vado ad allenarmi, poi vado a lavorare, o viceversa. Il resto del tempo lo trascorro con la mia famiglia. È la vita che mi sono scelto e sono felice».

Come fa a mantenere il peso richiesto per la sua categoria, che cosa mangia?

«Faccio diversi pasti durante la giornata consigliati da un nutrizionista. La mattina mangio yogurt greco e cereali, a metà mattina un frutto, a pranzo riso e proteine, a metà sera un frutto e dello yogurt e per cena proteine e verdura».

Una pizza con gli amici non se la può mai concedere?

«Lontano dagli incontri sì, uno sgarro a settimana è consentito. Quando l’incontro si avvicina una pizza potrebbe rovinare tutto, posso solo sognarla».

La sua famiglia come vive la sua vita sul ring?

«I miei genitori mi hanno sempre seguito, sono i miei primi tifosi. La mia compagna e mia figlia di tre anni vengono sempre a vedere i miei incontri, spero che la mia bambina scelga di praticare il mio sport e diventi una pugilessa. Il pugilato è uno sport bellissimo che aiuta a crescere lo consiglio a tutti».

Per il secondo anno consecutivo combatterà a Calangianus per un titolo internazionale. A Sassari non è possibile organizzare un evento di questo livello?

«A mio parere è possibile e sarebbe molto emozionante per me. Per ora siamo grati al comune di Calangianus e al sindaco Fabio Albieri che a un anno di distanza ci ospitano per tentare un nuovo assalto a un titolo europeo».

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