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Bruno Pala, il custode dei segreti rossoblù: «La Torres come una famiglia dal 1983»

di Andrea Sini
Bruno Pala, il custode dei segreti rossoblù: «La Torres come una famiglia dal 1983»

Magazziniere e factotum dello stadio Vanni Sanna: «Quanti ricordi da Zola ai campioni di oggi»

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Sassari La prima muta di maglie rossoblù che ha lavato era in lanetta e i numeri di quelle dei titolari, rigorosamente senza nome, andavano dall’1 all’11. Per asciugarle le stendeva all’aperto nel retro della tribuna. Il campo si tracciava con la calce viva e nelle aree di rigore si spargeva la segatura; i muri degli spogliatoi grondavano di infiltrazioni d’acqua piovana e i nomi dei protagonisti erano quelli dei miti d’altri tempi: Balestri, Domenghini, Vanni Sanna, Leonardi, ma anche Del Favero, Zola e chissà quanti altri. Quarant’anni più tardi, centinaia di giocatori e migliaia di partite dopo, all’interno di uno stadio che nel tempo ha cambiato nome e fisionomia, il “padrone di casa” è sempre lo stesso. Si chiama Bruno Pala, ha 64 anni e dal 1983, con qualche piccola interruzione, è il factotum dello stadio Acquedotto, oggi intitolato a Vanni Sanna.

Un’istituzione Factotum è la definizione più precisa per questo personaggio che con la Torres sullo sfondo ha attraversato epoche lontanissime tra loro. «Ora curo soprattutto la parte legata agli spogliatoi e al magazzino – racconta –, ma per tantissimi anni dentro questo stadio ho fatto letteralmente tutto. Dal campo, che ho rizollato, concimato, tagliato e tracciato, alle recinzioni, passando ovviamente per il lavaggio delle maglie e la preparazione del resto dell’attrezzatura dei calciatori rossoblù».

Cinque decenni Quarant’anni d’un fiato: Bruno Pala, originario di Usini, ha messo per la prima volta piede all’Acquedotto nel 1983. «Me lo ricordo benissimo – dice – l’ingresso degli spogliatoi era quello laterale e l’allenatore della Torres era Balestri, I giocatori si chiamavano Lungheu, Di Pasquale, Rotili, Ferrante. Arrivai qui perché una vicina di casa che si occupava della foresteria era andata alla ricerca di una persona che aiutasse il custode di allora, Vincenzo Cuscuzzu. Anche lui per decenni ha fatto di tutto, compresa la risolatura delle scarpe bullonate. Dopo qualche tempo sono andato via, per tornare nel 1985 quando Bruno Rubattu prese in mano la società. Ho affiancato Vincenzo per un periodo, poi quando lui è andato in pensione sono diventato “titolare”». Da allora, solo un’interruzione di qualche anno, dall’epoca Capitani in poi. «Ho lavorato diversi anni col Latte Dolce, e mi sono trovato benissimo. Ma il mio cuore è qui e batte per la Torres. Anche quella femminile, perché negli anni d’oro mi sono divertito da morire anche con quella banda di scalmanate».

Zola ragazzino «Gianfranco quando è arrivato era come lo vedete oggi: timido, di una gentilezza e un’umiltà esemplari, un bravissimo ragazzo. Mi faceva adirare solo quando a fine allenamento si fermava in campo all’infinito a provare le punizioni. Gli ho visto fare di tutto con quel piede magico. Il primo anno, 1986-’87, stava facendo il servizio di leva e arrivava al campo in divisa militare. E qua la squadra era formata da una banda di farabutti, come Tolu, Pinna, Ennas. Quanti scherzi gli facevano... Ruiu, il secondo portiere, una volta portò via dal ristorante Gallura, dove si andava a mangiare, un cinghialetto imbalsamato e glielo fece trovare al suo posto negli spogliatoi. Ma quel gruppo è stato irripetibile, infatti è ancora oggi molto unito, una vera famiglia».

Grandi amicizie «Mi sono sempre trovato bene con tutti – assicura Bruno Pala –, ma con qualcuno il legame è rimasto forte. Penso a Riccardo Chechi, Pietro Garau, Mario Piga, Vanni Sanna, Bebo Leonardi, Giovanni Lungheu. Poi ho fatto tutti i ritiri, da Villanova Monteleone a Mezzana, da Silvino a Pejo, a Marileva a Dimaro. Era in ritiro, tra uno scherzo e l’altro, che si cementavano i gruppi migliori, i più vincenti. Come quello del 2000, o quello del 2006 con Antonello Cuccureddu allenatore. Ma ero qui anche quando sono spariti tutti, quando la società è fallita e i tifosi facevano le collette per portare l’acqua alla squadra o pagare il gasolio delle docce. Anni duri, per tutti. Ora per fortuna c’è una dirigenza solida e seria. Lavorare così è davvero un piacere».

Caccia al souvenir La parsimonia di Bruno con il materiale rossoblù è ben nota a tutti coloro che hanno frequentato lo stadio sassarese. Tutti gli chiedono una maglia, un pantaloncino della Torres. La risposta è sempre la stessa. «Dico sempre: chiedetele ai giocatori, non a me. Io non sono proprietario di nulla, le maglie sono della società e dei giocatori. La mia collezione? Non esiste, non ho mai conservato le maglie. Anzi sì – risponde Bruno Pala –, ho tenuto come reliquie quella di Angelo Del Favero e quella di Torres-Napoli.

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