La Nuova Sardegna

Gli Arditi del popolo, un “no” contro il regime

di Antonio Mannu
Gli Arditi del popolo, un “no” contro il regime

Già nel Ventennio Rosso la prima resistenza: a Porto Torres un reading dal libro di Andrea Staid

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PORTO TORRES. Venticinque aprile: festa della Liberazione, della vittoria della lotta partigiana sui nazifesciti. Una storia, quella dell’opposizione armata al fascismo, che in Italia nasce nel 1921, con la formazione degli Arditi del popolo.

Una vicenda poco conosciuta, in parte rimossa, una storia che, se non fosse stata contrastata dalle ambiguità del Partito socialista italiano, dal settarismo del Partito comunista d'Italia, forse avrebbe potuto cambiare la storia del nostro paese. Certo la storia non si fa con i forse, ma stupisce come la storiografia italiana abbia in parte rimosso, forse con intenzione, lo studio e trasmissione degli accadimenti che hanno caratterizzato la storia del movimento, il primo, militarmente organizzato, di lotta antifascista.

Un episodio noto è quello della difesa di Parma, assediata, nell'agosto del 1922, da 10.000 squadristi in armi. A presidiare la città trovarono alcune centinaia di Arditi del popolo, insieme con formazioni di difesa proletaria, alla Legione Corridoni e a molti semplici cittadini. Il 6 del mese, resisi conto dell’impossibilità di conquistare la città, i fascisti si ritirarono.

Il movimento degli Arditi del popolo fu costituito a Roma nel giugno del 21. Nacque, da una scissione dell'Associazione Arditi d’Italia, per iniziativa di Argo Secondari, ex tenente delle Fiamme nere di tendenze anarchiche. Sin da subito gli Arditi del popolo si proposero di opporsi, manu militari, alla violenza delle squadracce fasciste. In breve sorsero numerose sezioni del movimento. Il governo in carica, presieduto dal riformista Ivanoe Bonomi, guardò al fenomeno con preoccupazione, poiché la comparsa di gruppi armati e organizzati poteva affossare l’ipotesi di una tregua con i fascisti.

Il 6 luglio 1921, all’Orto Botanico di Roma, si tenne una manifestazione antifascista. L’eco arrivò a Mosca e Lenin, in polemica con la direzione bordighista del Pcd'I, affermò: «A Roma ha avuto luogo un comizio per organizzare la lotta contro il fascismo; vi hanno partecipato 50.000 operai... e 5.000 ex combattenti in uniforme militare. Non un solo fascista si è azzardato a farsi vedere nelle strade». In poco tempo nacquero almeno 144 sezioni, con quasi 20.000 aderenti. Ma il movimento fu osteggiato dal Psi: «Il Partito socialista dichiara di essere estraneo all’organizzazione e all’opera degli Arditi del popolo». E, nel luglio del 21, un comunicato dell’esecutivo del Pcd'I recitava: «Poiché sorgono in diversi centri italiani iniziative di tal genere… si avvertono tutti i compagni di restare in attesa di disposizioni... l’inquadramento militare del proletariato deve essere a base di partito... quindi i comunisti non possono partecipare ad iniziative sorte al di fuori del partito». Di altro avviso fu Antonio Gramsci che, in un articolo dell’Ordine Nuovo, non firmato ma attribuibile a lui, scriveva nello stesso luglio del 1921: «Ecco perché sono sorti gli Arditi del popolo... prima prova di vitalità e energia che preannuncia lo scatto contro la stretta della reazione».

Questa vicenda è stata ben raccontata, sabato scorso al centro sociale Pangea di Porto Torres, da Andrea Staid, storico e antropologo, in uno spettacolo che è stato anche un’efficace lezione di storia: “Arditi del popolo – Le voci dalle barricate”.

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